Premessa

Questo libro contiene una raccolta di notizie e di documenti tesi a scoprire le radici dei Bellei residenti, perlopiù, nel Modenese (circa 650) e in molte altre province d'Italia, per un totale vicino alle 2.000 unità. Ho ritenuto opportuno suddividerlo in tre capitoli. Il primo concerne la descrizione delle mie ricerche riguardanti le origini e la provenienza dei Bellei. Il secondo presenta una serie di profili biografici di taluni Bellei che, in tempi diversi, hanno acquisito particolari meriti nei campi più disparati. Il terzo riporta la storia e gli stemmi dei comuni in cui i Bellei, in varie epoche, si sono insediati, oltre a dati e notizie interessanti. Per quanto attiene al cognome Bellei, spesso mi sono chiesto quale significato potesse avere e da che cosa derivasse. Ero ancora studente quando, un giorno, mi sovvenne di porre il quesito a un professore il quale mi spiegò che tutti i cognomi avevano delle derivazioni con significati particolari: a volte erano dei patronimici, ma perlopiù facevano riferimento a delle caratteristiche fisiche, alle qualità morali, alle attività professionali, alle località di provenienza e anche ai soprannomi dei padri. Aggiunse infime che l'attribuzione obbligatoria di un cognome a ciascun individuo venne deliberata dalla Chiesa durante il Concilio di Trento (1545-1563). Dopo l'esauriente spiegazione il professore dovette comunque convenire che il mio cognome non appariva riconducibile alle ipotesi da lui formulate, per cui rimaneva avvolto nel mistero. Avevo già accantonato da molto tempo il desiderio di conoscere le mie origini, allorchè nel 1980 venne pubblicato un dizionario dei cognomi italiani che attirò la mia curiosità. Senza indugio mi recai presso una nota libreria ove mi fu permesso di consultarlo. Ma, con sorpresa, constatai che il cognome Bellei non vi figurava.1 Fu allora che decisi di interpellare esperti di genealogia e di consultare registri di archivi anagrafici, pubblici e parrocchiali nell'intento di riuscire a svelare il mistero.

C.B.

1- Nel 1998 è uscito un altro "Dizionario dei Cognomi Italiani" a cura di Emilio De Felice, edito da Mondadori, ma anche in questo non viene citato il cognome Bellei.



Capitolo primo


RICERCHE

Prima di iniziare le ricerche vere e proprie, ritenni opportuno sentire il parere del compianto dottor Amato Cortelloni, notaio in Pavullo, esperto di araldica e di genealogia. Dopo aver preso in considerazione varie ipotesi, mi disse che il mio cognome poteva derivare da un toponimo, per cui mi consigliò di cercare fra quelli riportati in ordine alfabetico nell'indice di un buon atlante. Consultai quindi il mio De Agostini ed ecco spuntare il nome che cercavo: Belley, piccola città situata nella Francia sud-orientale. L'amico notaio aveva indovinato. Dopodichè mi riproposi di accertare se esistesse un collegamento tra i Bellei e l'omonima città francese. Nel 1982 perciò mi recai a Belley e, qui giunto, presi alloggio all'Hotel du Bougey. Nei tre giorni di permanenza visitai il centro e in Rue Pietonne trovai, su un basamento di pietra, la riproduzione bronzea di un grosso lupo, simbolo della città. Per meglio conoscere la storia di Belley, andai alla Biblioteca comunale dove un addetto mi consigliò di acquistare, presso l'unica libreria cittadina il libro intitolato "Histoire de Belley". Cosa che feci giorno stesso. Alla titolare della rivendita chiesi come venisse pronunciato il nome Belley e anche il motivo per il quale sugli elenchi telefonici del Dipartimento non esistesse alcun utente con il cognome Belley. Mi rispose che il nome della città si pronuncia Blè e che il cognome Belley lo portavano soltanto alcuni abitanti della Valle d'Aosta. Appena rientrato in albergo, iniziai la lettura del libro e la mia attenzione fu attirata da un fatto che, con ogni probabilità, può essere all'origine della venuta dei Bellei in Italia. In relazione a ciò e per meglio comprendere quanto andrò ad esporre nel prosieguo del capitolo, ritengo utile riportare una sintesi storica della città.

STORIA DI BELLEY

L'origine è remota. Nel corso dei secoli, reperti archeologici, medaglie e vasellame trovati sul posto, fanno ritenere che Belley esistesse all'epoca dei Galli. Dovette essere certamente compresa fra le città degli Alobrogi, popolazione che occupava la riva destra del Rodano alla confluenza con l'Ain, nel bacino dei Furaus e dei Bas-Bugey. Lo storico F. Guichenon ritiene che Belley (Bellitium in latino) abbia preso nome da Bellona, dea della guerra, alla quale era stato eretto un tempio. Per tale ragione, secondo lo storico Aubertus Miroeus e, dopo di lui, Charles de Saint-Paul, Belley venne chiamata “Urbem Bellicam”.

Invece a parere di Saint-Pierre de Novalaise, fu il console romano Sextius Bellinus a dare il suo nome alla città quindi chiamata "Bellitium Bellinus". J.P.Foderé afferma che Cesare gradiva soggiornare spesso a Belley per l'amenità del luogo. La narrazione di Saint-Domitien, fondatore dell'Abbazia di Saint-Rambert, menziona Bellitium nell'anno 425. Durante il periodo Franco, Belley passò da un reame all'altro, seguendo la sorte del Bugey. Verso il 912 i Rodolphiens si impadronirono dei Bugey che poi andò per eredità, nel 993, a Corrado il Salico, imperatore di Germania.






Scomunicato il figlio Enrico IV dal papa Gregorio VII, gli Stati di Germania abbandonarono il Bugey cedendolo, nel 1077, ad Amedeo III, conte di Savoia. Ma nel 1385, esattamente il 25 aprile, come ha scritto lo storico F.Guichenon, Belley fu assaltata e messa a ferro e fuoco. Furono risparmiati soltanto la Cattedrale, l'Arcivescovado e qualche altra casa nei pressi. Questo gravissimo fatto provocò una vera e propria diaspora che costrinse i superstiti a fuggire in ogni direzione per trovare salvezza; taluni arrivarono anche in paesi stranieri. Da ciò è lecito supporre che un consistente numero si sia rifugiato in Valle d'Aosta.





I BELLEY IN VALLE D'AOSTA



Lasciata la città "bellicosa", mi sono diretto a Chamonix ove ho imboccato il traforo del Monte Bianco e all'uscita mi sono fermato a Courmayeur. Ancora una volta sono ricorso all'ausilio dell'elenco telefonico, consultando il quale ho scoperto che molti Belley vivevano nei comuni di Villeneuve, S.Pierre, Aymavilles, Sarre e Cogne. Ho deciso, allora, di recarmi ad Aymavilles dove risiede la maggior parte dei Belley. Ivi ho trovato accoglienza e disponibilità da parte di:

Mario Belley

Adelina Belley

Rita Abram Belley

Urbano Belley

Carlo Belley.


Tutti, scavando nella memoria e nei ricordi tramandati dai loro avi, hanno raccontato che non ci sono dubbi sulla loro provenienza francese. In seguito, Adelina Belley ( residente ad Aymavilles, in località Glassier n° 4) mi ha inviato alcune cartoline ilustrate della città unitamente a un breve scritto che riporto:


"Il mio nome Belley termina con una Y; però può darsi che anche il suo sia originario di qui. Ho trovato, in Francia, una piccola città chiamata esattamente Belley, da dove si ritiene che provengano i Belley di Aymavilles."



Mario Belley, per saperne di più, mi ha indirizzato dal parroco il quale mi ha poi scritto quanto segue:



"I Belley oggi residenti ad Aymavilles sono assai numerosi. I Belley, Blè, Bellei vengono certamente da un unico ceppo. A mio avviso il senso del cognome Belley va cercato nella patria d'origine che, senza alcun dubbio, è la Francia. Nel mio archivio i nomi dei Belley occupano 17 fogli."



Per telefono gli ho fatto presente che nel dipartimento dell'Ain non ero riuscito a trovare alcun abitante a nome Belley e mi chiedevo come mai esistessero soltanto in Valle d'Aosta. Mi ha risposto che l'unica spiegazione poteva essere connessa al fatto che, quando divenne obbligatorio dare ai battezzati un cognome oltre al nome, i genitori, al fine di mantenere un legame affettivo e un ricordo indelebile con la città di provenienza, scelsero proprio il nome di Belley. Sulla base di queste informazioni, ho deciso di dedicarmi alla ricerca di quei Belley che dalla Valle d'Aosta potevano essere emigrati nel centro-nord d'Italia. Poiché non riuscivo a trovarne le tracce, mi sono rivolto all'Istituto Genealogico Italiano di Firenze il quale mi ha comunicato che


"Le prime carte che riportano il nome dei Bellei risalgono al XII secolo. In una di queste si legge che il 14 febbraio 1192 i cittadini di Alessandria riconfermarono, con giuramento, la convenzione conclusa coi Genovesi nel 1181, il 4 febbraio. Fra i nomi dei giurati c'era un Bellei."2

2- Da "Origine storica delle località e antichi cognomi della Repubblica Genovese" di Francesco Grillo-1958.Pag. 178,179.


I Bellei di Alessandria allargarono poi la sfera delle loro attività professionali prima a Genova, quindi a La Spezia, a Carrara e a Lucca ove ancor oggi si trovano loro discendenti. Nel frattempo alcuni Bellei si erano spinti sino a Ferrara; infatti in un atto del 1478 un Manuel Bellei, patriota, figura tra i cittadini ferraresi e
alla Mesola (FE) vivono tuttora dei Belley provenienti dalla Vallle d'Aosta, come la signora Adriana Belley Orfei e il cugino Bruno. Sempre dalla Valle d'Aosta altri Belley avevano raggiunto Venezia attratti dalla bellezza e dalla ricchezza della città. E' risaputo che Venezia fu per lungo tempo centro commerciale di primaria importanza in virtú dei costanti collegamenti con i paesi del Mediterraneo Orientale assicurati dalla sua grande flotta mercantile. E' altresì noto che le popolazioni della Valle Padana intrattenevano intensi scambi commerciali con la città lagunare. Anche Modena, Bomporto e Finale Emilia esportavano a Venezia grandi quantità di prodotti agricoli e artigianali, importando a loro volta merci e articoli provenienti dalle regioni del vicino Oriente. I Belley trapiantati a Venezia, con ogni probabilità, si erano adeguati alla mentalità mercantile dei Lagunari entrando in affari connessi all'esportazione e importazione di prodotti di ogni genere. Tutto ciò fa supporre che dei Belley veneziani possano essere giunti, per via d'acqua, a Finale E., a Bomporto e a Modena. Lo dimostrerebbe anche il fatto che molti sono stati registrati negli archivi modenesi, dal XVI al XIX secolo, non soltanto in base alla pura e semplice dizione fonetica dei cognome, ma anche nella grafia originaria con la y finale.



A tale riguardo allego la copia di alcuni documenti conservati presso le parrocchie di S. Francesco a Sassuolo e di Miceno a Pavullo. Tramite Internet, recentemente, ho potuto prendere visione dell'elenco telefonico di Venezia nel quale ho rintracciato tre nominativi originari:

Belley Demetrio - Calle Chiesa n° 9 - Venezia
Belley Ernesto - Via Gavagnin n° 112 - Venezia Mestre
Belley Maria Lucia - Via Napoli n° 73 - Venezia Mestre

Ritornando all'epoca dei Dogi, occorre rilevare come alcuni Belley abbiano percorso le rotte mercantili della potente Repubblica marinara, costituendo addirittura una base permanente nell'isola di Cherso (Quarnaro) ove ancor oggi esiste un borgo chiamato "Bellei".3


3- Vedere la cartina geografica allegata, gentilmente inviatami dal sig. Giorgio Bellei di Ravarino.

A proposito della trascrizione errata del cognome Bellei, presso l'Archivio Storico del Comune di Modena, da registri risalenti ai secoli XVI e XVII, fra i battezzati ho rilevato quanto segue:

Anno        Nome                   Documento

1578 Bartolomeo de Biley cert. 41 n° 644
1579 Jacoma Bellè cert. 71 n° 201
1580 Agostino Bellino cert. 168 n° 409
1614 Giovanna Blè pag. 118
1625 Bernardo Belè pag. 120
1628 Bartolomeo Belei pag. 219
1629 Andrea Belei cert. n° 29
1632 Anna Maria Blè cert. n° 99
1635 Bernarda Belei cert. n° 599
1636 Camilla Blè cert. n° 106
1637 Bernardo Belè cert. n° 35
1641 Orsola Bellè cert. n° 173
1646 Marg.ta Blè cert. n° 167
1647 Orio Bellè cert. n° 236
1651 Lucia Belei cert. n° 46
1652 Ludovico Bile cert. n° 126
1689 Francesco Blè cert. n° 12
1694 Andrea Bellei cert. n° 152

Il cognome Blè, trovato anche in molti registri parrocchiali, è stato annotato con frequenza pure nel XVIII secolo. In seguito è apparso più di rado pur rimanendo per lungo tempo come soprannome. Ancor oggi a Formigine, Sassuolo e Pavullo viene usato da alcune persone anziane. Vicino ad Acquaria di Montecreto esiste un antico borgo denominato "Casa Blè". Mi sono chiesto più volte per quale motivo il cognome Blè sia andato via via scomparendo. Possibile che non esista più nessuno che lo porti? Sono ricorso, ancora una volta, all'aiuto degli elenchi telefonici di Modena e provincia e la mia ricerca non è andata delusa: ho trovato due "superstiti", uno a Modena e l'altro a Pavullo. Sono i signori : Romano Blè, via del Garda n° 31 -MO e Blè Amidei Carla, via Puccini n°6 - Pavullo. Prima di seguire i molti spostamenti dei Bellei giunti per via d'acqua a Bomporto, ritengo opportuno mettere in risalto l'importanza che ha avuto questo centro abitato nel trasporto fluviale dal XV secolo fino alla fine del XIX, come si può rilevare dalla sintesi storica di seguito riportata.


STORIA DI BOMPORTO


Il paese, citato per la prima volta in documenti del 1408, venne ceduto dai Pio, signori di Carpi, agli Estensi i quali, a loro volta, risiedendo ancora in Ferrara, lo concessero per investitura alla famiglia dei conti Rangoni di Modena che possedevano altri feudi nel modenese e che, nel XII secolo, furono insigniti del titolo di marchesi. Il territorio è delimitato dai fiumi Secchia e Panaro. La congiunzione del canale Naviglio con il Panaro aveva bonificato ampiamente la zona e aveva favorito la formazione e lo sviluppo di Bomporto che già nel XV secolo era un nodo fluviale di grande importanza nell'ambito delle comunicazioni fra Modena, Ferrara e Venezia. Nel secolo successivo le imbarcazioni compivano viaggi regolari fino a Venezia trasportando tele di canapa, carni salate, frutta, frumento, vini e legnami e tornavano con il carico prezioso di sale, spezie, pesci salati, zucchero, caffè, cristalli e chincaglierie. Il benessere del paese era quindi legato strettamente allo scambio di queste merci pregiate ed ai guadagni derivanti dai pedaggi fluviali. Fra le poche strade a lunga percorrenza, i fiumi e i canali costituivano insostituibili vie di trasporto delle merci e dei passeggeri. I traffici fluviali, sempre più intensi, resero necessaria la presenza, lungo il percorso, di punti di appoggio per la sosta sicura delle barche. A Bomporto fu così costruito uno di quei porti di pianura, il "buon porto", appunto, donde è derivato il toponimo del paese. Il porto, nel 1774, su disegno dell'ingegnere modenese Francesco Zannini, per ordine di Francesco III d'Este, fu ampliato e migliorato assieme al corso del Naviglio. Accanto al sostegno rettangolare, con slargo ottagonale, ancor oggi visibile; venne aperto un canale detto Scaricatore, con la funzione di mantenere costante il livello delle acque, favorendo contemporaneamente il funzionamento dei mulini della vicina Bastiglia. In prossimità della conca-sostegno si può ancora osservare il settecentesco ponte ad arco sul Naviglio che la tradizione vuole costruito con le pietre della torre-faro, elevata nel 1504 per guidare l'orientamento dei naviganti e divenuta poi simbolo di Bomporto nello stemma del comune. La chiesa parrocchiale, costruita nel 1609, fu dedicata a S.Nicolò, patrono dei naviganti.

I BELLEI DAL PANARO AL MAR TIRRENO


In merito all'esportazione dei vini, fin dall'antico, occorre dire che a Bomporto e dintorni la produzione non è mai cessata, anzi è stata incrementata e migliorata nella qualità, tanto che attualmente le tre piú importanti cantine fondate dai F.lli Geminiano e Adolfo Bellei, da Francesco Bellei e Figli, da Aurelio Bellei e Figli, vendono grandi quantità di Lambrusco, considerato il re dei vini emiliani. Inoltre, la ditta Bellei F.lli - vini, dopo essersi dedicata per lungo tempo (dal 1914) alla vinificazione, nel 1990 cessa la produzione del Lambrusco e intraprende quella dell'aceto balsamico. Tornando al tempo dei Rangoni feudatari, i marinai provenienti da Ferrara e da Venezia spesso facevano scalo a Finale E. ove ancoravano le loro imbarcazioni (per la custodia notturna delle merci e il riposo dei passeggeri) nella darsena vicino alla quale era sorto il cantiere navale. In seguito, assieme a molti ferraresi (che poi formarono il casato dei Ferraresi) giunsero anche alcuni Bellei che si insediarono prima a Finale, poi a S.Felice sul Panaro, a Cavezzo e a Mirandola. I Bellei che erano sbarcati a Bomporto cominciarono ad espandersi in paesi vicini quali Ravarino, Bastiglia ed Albareto. Successivamente arrivarono a Modena, a Carpi, a Formigine, a Maranello, a Sassuolo, a Pavullo, a Fanano e ad Acquaria di Montecreto. A partire dal XVI secolo, taluni Bellei raggiunsero posizioni di rilievo. Nel 1536 un Giovanni Maria Bellei divenne statutario per la Riforma Conciliare. Nel 1552 don Battista Bellei era sacerdote nella parrocchia di Mocogno quando il vescovo di Modena, Egidio Foscherari, in visita pastorale, lo definì: "vir satis probus et gratus populo".
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4- Dal libro "Lama Mocogno - Territorio e beni culturali" Ed. Il Bulino - 1982

Andrea Bellei, notaio in Fanano, vissuto nel XVII secolo, ha lasciato una storia del luogo molto apprezzata. Domenico Maria Bellei, sacerdote, nel 1656 divenne segretario del vescovo di Modena. Il 20 agosto 1776, dopo il matrimonio del figlio Ercole Rinaldo con Maria Teresa Cybo Malaspina (unica superstite del Marchesato di Massa), il Ducato di Modena ebbe uno sbocco sul Mar Tirreno. Nel 1831, Francesco IV nominò Tommaso Maria Bellei governatore di Massa. (Archivio di Stato - Carteggio particolare Milizia Militare Ducale). Altri Bellei si distinsero quali uomini di legge, di religione e d'armi. Altri ancora nei commerci, nell'artigianato, nelle bonifiche (vicino a Sassuolo) e nella coltivazione di proprietà terriere. Le prospere condizioni economiche raggiunte da molti Bellei ebbero anche notevoli riflessi dal lato demografico. Come mi è capitato di constatare sfogliando registri parrocchiali, alcuni nuclei famigliari, nell'arco di due o tre generazioni, raggiunsero anche venti, trenta e più unità. Ciò indusse parecchi Bellei a trasferirsi in altre località della Provincia. Gradualmente si stabilirono a Castelfranco E., a Vignola, a Castelnuovo Rangone, a Nonantola, a Prignano e anche in piccoli centri come Miceno, vicino a Pavullo, dove esiste ancora un borgo, risalente all'epoca degli ultimi Montecuccoli (1709), chiamato "Case Bellei", tuttora abitato da un Bellei a nome Giacomo. 5

5- Vedere carta topografica di Pavullo n.F.

Nei secoli XVII e XVIII, molti Bellei si cimentarono con successo in varie discipline divenendo comandanti di milizie ducali, dottori in legge, notai e sacerdoti. Nella prima metà del XIX si trovano dei Bellei nominati podestà, cancellieri e priori di parrocchie. Nella seconda metà hanno avuto i natali provetti artigiani, piccoli industriali, docenti e artisti. Il XX secolo com il grande progresso industriale, meccanico, commerciale, tecnologico, finanziario e sanitario, ha dato la possibilita a molti Bellei di emergere in vari campi divenendo medici, amministratori, imprenditori, tecnici e consulenti di vaglia. In ragione di tanto, ho ritenuto opportuno raccogliere dati, notizie e quant'altro per poter comporre appropriate biografie di quei Bellei che hanno dato lustro alla stirpe dal XVI secolo in poi. (Chiedo scusa a quelli che, pur meritevoli di particolare menzione, sono rimasti a me sconosciuti).


Capitolo secondo



SCRITTORI E GIORNALISTI

Andrea Bellei

Notaio in quel di Fanano, nel XVI secolo, si distinse come storico. Fra i suoi scritti è pregevole quello dal titolo: "D'altre cose emorabili accadute in vari tempi a Fanano" di cui riporto alcune notizie relative ad avvenimenti impressionanti:


"Nell'anno 801 patì Fanano una terribilissima scossa di terremoto, il quale si fe' sentire in molte altre parti d'Italia, e specialmente in Roma, dove rovinò il tetto della chiesa di San Paolo. Nel 1616 fu un inverno il cui simile non si sa sia mai stato. Cominciò la neve a mezzo novembre, non passando due giorni che non ne cadesse in copia grande. Oggi lì 13 gennaio continua la neve, neppure intermette un 'ora, a segno tale che le povere genti disperano poter resistere il sostentamento delle bestie, e a ripararsi dal freddo. Nel mese di maggio continuò la pioggia 15 giorni senza mai arrestarsi, e come fu accompagnata da furiosa tempesta, afflizione, che s'aggiunge a tant'altre delle quali abbonda questa povera terra, essendovi quelli che d'altro non si cibano che d'erbe cotte con un poco di farina di fava, ovvero di fromentone. Il dì 5 settembre, anno suddetto, sul tardi principiò un vento sì furioso che parve s'aprisse l'inferno: e durò per cinque giorni senza intermettere un'ora, con tanto danno alla campagna che è inestimabile, sia per l'uva, castagne e frutti tutti pesti. Del 1647 fa memoria come per la seconda volta predicò in Patria il padre Gio. Battista Muzzarelli uomo di molto valore: come lì 9 di giugno, in cui cadde la Pasqua dello Spirito Santo, fu gran freddo con vento ed acqua e rimasero coperte l'Alpi tutte di nevi: come da' 20 giugno senza cessare neppure un giorno, continuò la pioggia fino alli 16 di luglio, seguitandosi ad esporre il Venerabile nella Parrocchiale affine di placare l'ira di Dio, mentre cominciavano a marcire i raccolti per causa di tant'acqua, onde da tutte le parti sentivasi gente morir di fame... Del 1648 la grande penuria di viveri in cui stavasi Fanano, in cui vedevansi truppe di poveri de' villaggi circonvicini andare elemosinando mezzo morti di fame, mentre la Toscana che solea essere sempre in tempo di bisogno il rifugio di essi, allora trovavasi nella maggior necessità del mondo, a segno tale che venivano in questa terra le genti di Cutigliano, Lizzano, ecc. aprovvedersi di fromentone, farina di castagne, pane e quanto mai potevano trovare per rimediare ai loro bisogni, quantunque il tutto si vendesse a caro prezzo. Per compimento delle miserie soggiugne lì 9 giugno, sul mezzo giorno, cade così fiera tempesta che desertò quasi tutta questa corte...Che il grano in Modena valeva da lire 100 il sacco e appena sen trovava con denari".6

6- Da "Storia di Fanano", fatta stampare dal prof. Albano Sorbelli nel 1927

Sandro Bellei

E' nato a Modena il 14 giugno 1941. Nel 1969 ha iniziato ad esercitare la professione di giornalista. Ha collaborato alla Gazzetta di Modena, all'Avvenire d'Italia, a Stadio, al Giorno e alla Stampa. Assunto, poi, al Resto del Carlino, ha lavorato presso le redazioni di Modena, Bologna, Rovigo, Padova e Pesaro. Nel 1981 è diventato Capo servizio della "Nuova Gazzetta di Modena". Si è interessato di gastronomia e problemi della nutrizione, collaborando a numerose pubblicazioni. Con Ugo Preti ha scritto i quattro libri della serie "Cosa bolle in pentola a Modena" e il "Ricettario Modenese". Per conto della Confesercenti ha curato la pubblicazione di "La carne, nutrizione e risparmio" e "Modena a tavola". A questi ha fatto seguito "La cucina del singolo". Successivamente ha dato alle stampe, unitamente ad Ermanno Rovatti, il "Dizionario enciclopedico del dialetto modenese" e una "Grammatica del dialetto modenese". Recentemente, sempre con Rovatti, ha fatto pubblicare l'opera "I castelli modenesi" , frutto di una ricerca monumentale su rocche, torri e fortezze del Modenese, in due volumi riccamente illustrati con la descrizione di 150 castelli e per ciascuno una documentata scheda storica. In occasione della serata culturale, organizzata dalla "società del Sandrone" l'8 novembre 2001, Sandro Bellei ed Ermanno Rovatti hanno presentato la nuova edizione dell' Enciclopedia della saggezza popolare , opera suddivisa in 24 fascicoli con uscita periodica nelle edicole. Il contenuto ha lo scopo di rivitalizzare il dialetto modenese di cui si sta rarefacendo l'uso. L'opera più recente (scritta insieme con Paolo Reggianini anch'egli giornalista esperto di vicende sportive) attesa da tanti appassionati del gioco, concerne la storia del Modena F.C. intitolata "Modena 1912 - 2002 - novanta anni di storia", che arriva in un momento particolarmente felice dato che la squadra, dopo 38 anni di attesa, ha riportato il Modena in Serie A. Il volume, resentato nella residenza municipale dal sindaco Giuliano Barbolini, racconta i grandi protagonisti del Modena F.C. e comprende quasi 400 fotografie oltre una ricca e aggiornata parte statistica. La prefazione è di Arrigo Levi, prestigioso giornalista e scrittore modenese. Con i suoi innumerevoli scritti e le tante opere pubblicate, Sandro Bellei ha dimostrato di possedere raro intelletto e vasta cultura. Inoltre, permeato di una modenesità senza pari, si è collocato in una posizione di preminenza difficilmente raggiungibile, in particolare con il "Dizionario enciclopedico del dialetto modenese" e con "La grammatica del dialetto modenese". L'ultimo libro: "Sua Maestà l'Aceto Balsamico" accresce la serie dedicata alla gastronomia. In sintesi si può affermare che Sandro Bellei ha prodotto scritti che trattano argomenti di diversi campi: dallo sport alla gastronomia, dalla storia alle enciclopedie del dialetto modenese e della saggezza popolare. Considerato che è ancora lontano dall'età pensionabile, certamente sfornerà altre pregevoli opere. Tuttavia, anche con quanto ha prodotto sino ad oggi, può essere considerato il più eclettico degli scrittori modenesi. In riconoscimento dei suoi meriti, a Sandro Bellei sono stati conferiti incarichi di prestigio quali: Presidente della Società di scherma e ginnastica della Panaro; Presidente del Lions Club di Modena e Willigelmo; Membro dell'Accademia Italiana della Cucina; Governatore del Panathlon Internazionale.



MILITARI

In fatto di uomini d'armi, si trovano dei Bellei in carriera nelle milizie dei Duchi di Modena. Nel 1607, il Capitano Giovanni Bellei viene inviato dal duca Cesare ad Acquaria di Montecreto (MO) per assumere il comando delle milizie in quel paese acquartierate. Il duca Francesco I, detto il Guerriero, nel 1659 invia, sempre ad Acquaria, il capitano Pietro Bellei con le funzioni di comandante di un distaccamento di milizie ducali. Il duca Francesco III, nel 1738, per lo stesso scopo e nel medesimo luogo, invia il capitano Angelo Bellei.7 I tre capitani Bellei entrano nel novero delle famiglie agiate del luogo, per cui avviano i figli più dotati agli studi sia nel campo militare, sia in quello ecclesiastico. Le figlie, ovviamente, contraggono matrimonio con i rampolli delle famiglie più abbienti. Infatti una figlia del capitano Angelo Bellei, a nome Lucia, sposa Bartolomeo Carlotti Bellei, ex capitano ducale, dandogli un figlio, Andrea, che viene battezzato il 9 luglio 1739 nella chiesa parrocchiale di Acquaria da don Michele Carlotti Bellei. Come è noto, in passato, i figli di famiglie gentilizie quando si univano in matrimonio assumevano entrambi i cognomi. Discendente dei Carlotti di Acquaria è il comm. Giancarlo che risiede a Modena e che ancora possiede il palazzo avito, con torre e oratorio, nel centro di Acquaria, oltre a terreni, boschi e villa alla Fignola della Santona.


7- I dati sono stati desunti dai registri parrocchiali di Acquaria e dai Ruoli delle Milizie Ducali, busta n° 17, presso l'Archivio di Stato.

SACERDOTI

Dopo il già nominato don Battista Bellei, sacerdote attorno al 1552 nella parrocchia di Mocogno, si trova un Giovanni Maria Bellei dal 1656 segretario del Vescovo di Modena. Nel 1714, don Pietro Bellei è rettore della parrocchia di Miceno, mentre don Luigi Bellei dal 1864 e per molti anni regge la parrocchia di Monzone, a 8 km da Pavullo. Nell'ambito ecclesiastico, ciò che si è verificato ad Acquaria tra il 1640 e il 1733 è straordinario. Come se fosse stato concordato un diritto di successione, ben tre sacerdoti a nome Bellei si sono avvicendati nella conduzione della Parrocchia. Sono figli di quei capitani che erano stati inviati in quel luogo a comandare le milizie ducali. Lo si rileva dai registri dei battesimi datimi in visione, nel 1988, dal parroco don Giorgio Bellei, ora rettore della parrocchia dello Spirito Santo in via F.lli Rosselli a Modena. I tre parroci predetti sono:



Don Mario Bellei: dal 1640 al 1658;
Don Michele Bellei: dal 1658 al 1699;
Don Felice Bellei: dal 1699 al 1733.

Nella chiesa parrocchiale di Acquaria, dedicata a S. Andrea, esiste ancor oggi un altare (il primo a destra, entrando) dei Bellei, datato 1704, sormontato da un grande quadro nel quale è raffigurato il vescovo di Modena, mons. Ludovico Masdoni, insieme al parroco don Felice Bellei. Anche a Sassuolo parecchi Bellei divengono sacerdoti. Si ricorda don Tommaso Bellei, che nel 1750 viene nominato priore durante una visita pastorale del vescovo di Modena, mons. Filippo Cattani, e il canonico Domenico Bellei che, nel 1774, fa collocare una meridiana sopra la facciata della chiesa di S. Francesco.

PITTORI

Gaetano Bellei

Nasce a Modena il 22 gennaio 1857 da Lorenzo e Vienna Molinari, entrambi modenesi. Frequenta l'Accademia di Belle Arti a Modena ove ha per maestro Adeodato Malatesta. Poco più che ventenne, vince il Concorso "Poletti" di pittura e relativa borsa di studio per il perfezionamento artistico a Roma e a Firenze. Negli anni 1879, 1890 e 1891 presenta tre saggi fra i quali, l'ultimo, la celebre "Resfa" che suscita vivaci e contrastanti critiche per essere poi giudicata universalmente la migliore opera di pittura dell'arte contemporanea modenese. Nel 1892 espone una serie di quadri alla Reale Accademia di Londra, suscitando vivo interesse e lusinghieri giudizi di critica. Frattanto a Roma si iscrive all'Accademia di Francia e frequenta contemporaneamente l'Accademia di Spagna. Interrompe la sua attività per prestare servizio militare. Ottenuto il congedo, si trasferisce di nuovo a Firenze per terminare il pensionato relativo alla borsa di studio "Poletti". Nel 1884 sposa una fiorentina, a nome Ismene Miniati, che gli dà due figli: Jole e Lorenzo. Tornato a Modena, inizia una copiosissima produzione di dipinti cosiddetti "di genere" di cui egli fu il maggiore divulgatore in Italia e all'estero. Il 14 settembre 1894 viene nominato socio onorario della Reale Accademia Modenese di Belle Arti e, nel 1896, Accademico residente della Classe di Pittura dell'Accademia stessa. Nel 1905 partecipa all'Esposizione Universale di Liegi con i due famosi dipinti della partita a carte "Ride bene chi ride ultimo", aportando un successo senza precedenti. Nel 1911 vince, con largo distacco, il concorso bandito dal Ministero della Pubblica Istruzione e viene nominato professore di figura dell'Istituto Belle Arti di Modena. Nel 1914 decora e dipinge la Cappella Maggiore della Chiesa di S. Maria di Mugnano, poi "La Maddalena" per la chiesa di S. Domenico a Modena, quindi un S. Antonio per la chiesa di Sorbara da dove erano partiti i suoi antenati. Gaetano Bellei si spegne il 20 marzo 1922 fra il compianto generale dei modenesi che accorrono in massa a rendere, il giorno 22, l'estremo saluto nell'atrio del Palazzo dei Musei. Certamente con le sue opere ha dato lustro alla città che, per riconoscenza, gli ha dedicato una strada.

Ezio Bellei

Nasce a Magreta (MO) il 5 luglio 1921. Risiede a Sassuolo in via Montanara, 1411. Autodidatta. Nel 1960 comincia a prendere confidenza con i colori e a frequentare l'ambiente artistico costituito da una folta schiera di pittori dilettanti. Dopo alcuni anni si ritira in solitudine per dedicarsi a un genere di pittura del tuttopersonale, frutto di intense elaborazioni e studi approfonditi. In seguito viene definito "il pittore dei tronchi d'albero". Nei suoi quadri più rappresentativi imprime sulla tela il senso di un'esistenza, quella mana in genere, e di mille esistenze, ognuna delle quali caratterizzata da sofferenze e gioie repentine. Del suo lavoro si sono interessati molti critici, tra cui Giorgio Ruggeri, Franco Selmi ed Elda Fezzi. Numerose sono state le mostre personali e collettive (ben 60) in importanti spazi pubblici e privati di città italiane. Bellei vive il problema dell'arte non solo come pittore, ma anche come operatore culturale, facendosi promotore di mostre presso la Galleria d'Arte Moderna di Sassuolo, città dove è suo desiderio allestire una pinacoteca. Per questo ha voluto essere il primo a donare al Comune alcune sue importanti opere. In questa dimensione si colloca anche la donazione del ritratto di Enzo Ferrari all'Amministrazione Comunale di Maranello, che lo esporrà al Museo Ferrari. In occasione della mostra "Ritorno a Magreta", inaugurata il 20 maggio 2001, ha donato alla chiesa del suo paese uno dei suoi quadri migliori: "Il Cristo". Fra le sue opere più apprezzate occorre ricordare: "La mia Gioconda" e "Frammenti vegetali" dei 1974; "Legno e forma" del 1976; "Forma e vegetale", 1977; "Frammento di paesaggio" e "Omaggio a Graham Sutherland" del 1985; "Composizione", 1986; "Il mio legno", 1987.



ATTORI, CANTANTI E MUSICISTI

Carmen Bellei

E' nata a Modena nel 1909. Ha intrapreso la carriera di cantante lirica nel 1930 ottenendo lusinghieri successi. Il giornale "La Gazzetta dell'Emilia" ha tracciato un profilo della cantante scrivendo:


"...calorosissimi applausi sono stati tributati nella sala concerti di corso Vittorio Emanuele a Modena, nel 1931, davanti a un folto e competente pubblico, a Carmen Bellei che ha riscosso unanimi apprezzamenti tanto da dover concedere il bis per la "Serenata" di Mascagni. La giovane artista, in successive esibizioni in vari teatri, ha cantato sempre con spontaneità e finezza, in particolare nella canzone egizia "De Janice " di Catalani; nella "Ballata medievale" di Nadir; nel "Vieni sul mare" di Gazzotti; in "Sorrisi e lacrime" di Schubert. Ha avuto così inizio la sua carriera di cantante lirica culminata con brillanti interpretazioni in opere di Verdi, Puccini, Mascagni, Bellini, Rossini, ecc.".

Mino Bellei

E' nato nel 1932 a Genova dove vive tuttora. E' autore di spettacoli teatrali e regista, nonchè attore di talento. Le migliori interpretazioni le ha rese nel Teatro delle Arti con Aroldo Tieri e Giuliana Lojodice. Fra le commedie di maggiore successo sono da citare: "Un ispettore in casa Birling" di F.B.Priestley per la regia di Sandro Sequi; "La vita non è un film di Doris Day" di cui è regista e attore con Ariella Reggio. Nella commedia "Servo di scena" replicata al Michelangelo di Modena, Mino dà il meglio di sé con Anna Proclemer, Mario Maranzana e Lauretta Masiero. E' tuttora (2002) sulla scena.

Marco Bellei


E' nato a Modena nel 1963. Ha studiato pianoforte al Conservatorio di Parma dove si è diplomato. Ha accompagnato prestigiosi cantanti lirici in molti teatri italiani e anche esteri. Attualmente fa parte del Club Lirico Mario del Monaco. Recentemente ha accompagnato al pianoforte, nel teatro dell'Istituto Sacro Cuore di Modena, i cantanti modenesi Bruno Bulgarelli (tenore) e Carlo Gozzi (baritono) in duetti con Halla Margret per le musiche di Bizet, Gounot, Puccini e Verdi. Ha anche accompagnato Franca Lanzotti, davanti a un folto pubblico che ha calorosamente e lungamente applaudito lo spettacolo.

NOTARI, AMMINISTRATORI PUBBLICI E CANCELLIERI

Domenico Bellei


Nasce a Quarantoli (Carpi) nel 1731. Compiuti gli studi presso l'Università di Modena, consegue la laurea di dottore in legge e poi diventa notaio. Il duca Rinaldo III, nel 1782, lo nomina Commissario di Sassuolo. Il Bellei svolge egregiamente l'incarico ricevuto, tanto che sotto l'aspetto legale e sociale porta Sassuolo a un livello amministrativo mai raggiunto prima. Il duca ne è molto soddisfatto, al punto che gli conferisce altri prestigiosi incarichi. Infatti, nel 1776, lo nomina Commissario Feudale di Montegibbio ed economo dei beni demaniali ed ecclesiastici. Poco tempo dopo, gli affida l'incarico di Commissario di guerra della Bassa Provincia del Frignano, Priore del Comune, Sovrintendente delle bandite e fabbriche ducali in Sassuolo. Quando l'esercito di Napoleone, sconfitti gli Austriaci, imbocca la via Emilia a Piacenza, nel 1796, il duca fugge da Modena, imbarcandosi alla darsena del Naviglio (dietro il Palazzo ducale) per raggiungere Venezia, seguito da innumerevoli barconi carichi di cortigiani, viveri, vestiario, ori e oggetti preziosi. Prima di partire lascia la reggenza di Modena al marchese Rangoni e quella di Sassuolo a Domenico Bellei. I francesi, giunti a Sassuolo, non rimuovono il reggente ma gli affidano due incarichi: amministrare la Città secondo principi di libertà e uguaglianza, e riscuotere i balzelli, sempre più gravosi, imposti dagli occupanti. Anche in tale circostanza si comporta con equità. Nel 1807 si spegne fra il compianto di tutti i Sassolesi. La Casata dei Bellei di Sassuolo era già ascritta al patriziato fin dall'inizio del '700, ma Domenico Bellei ha concorso a nobilitarla maggiormente. Lo stemma presenta, fra l'altro, due leoni rampanti simili a quello che figura, a tutto campo, nello stemma della Valle d'Aosta.

SPORTIVI

Otello Bellei

Calciatore - Nasce a Modena nel 1904. Ancora ragazzo incomincia la carriera nel Modena F.C.. Nel 1926 entra a far parte della prima squadra quando il Campionato Italiano si svolgeva per Leghe (Lega Nord e Lega Sud). Da allora il Modena riesce a rimanere fra le migliori squadre. Infatti nel Campionato 1927-28 si classifica al 5o posto dietro al Bologna, alla Juventus, al Casale e all'Internazionale con la seguente formazione: Brancolini, Boni e Aimi, Dugoni, Alice e De Pietri, Bellei, Rier, Manzotti, Mazzoni e Piccaluga. La stessa formazione, nel campionato successivo, conquista il 6o posto. Nel primo campionato a girone unico (1929/30 a 18 squadre) il Modena si classifica 12° e in quello seguente arriva 10°. Otello segue il Modena anche quando retrocede in Serie B. Pone fine alla carriera calcistica all'età di 31 anni.

Silvio Bellei

Aviatore acrobata - Nasce a Sassuolo il 18/11/1925. Una innata passione per il volo lo porta ben presto a conseguire il brevetto di pilota. Ma poi non si accontenta di pilotare aerei da turismo poiché il suo segreto desiderio è quello di arrivare a frequentare la scuola di volo acrobatico. Raggiunto lo scopo, in poco tempo si impadronisce delle tecniche più audaci ottenendo, a fine corso, l'apposito brevetto a pieni voti. Dopodiché partecipa a numerose manifestazioni, non soltanto in Italia ma anche all'estero, conquistando parecchi trofei. Nel frattempo matura in lui il desiderio di dotare la sua Sassuolo (giunta ormai alla soglia dei 40.000 abitanti) di un campo d'aviazione. A tale scopo costituisce, assieme ad altri appassionati, il Gruppo aeronautico "Città di Sassuolo". Nel 1985 il Gruppo conta un centinaio di soci per cui si decide di fondare, in via Ancora, l'Aero Club di cui Silvio diviene il primo presidente. Il Consiglio direttivo, nel 1986, delibera di realizzare, sempre in via Ancora, una sede dotandola di bar-ristorante e decide di costruire su un lato del campo di aviazione una piazzola per elicotteri da impiegare ai fini del pronto soccorso. In seguito viene anche acquistato un piccolo aereo idoneo al volo acrobatico. In occasione del compleanno dell'aeroporto, di fronte a più di mille spettatori, viene offerto uno spettacoto mozzafiato per le evoluzioni acrobatiche sciorinate da piloti preparatissimi tra i quali eccelle Silvio Bellei. La grande passione per il volo non ha mai abbandonato Silvio al punto che, pur avanti negli anni, di tanto in tanto ama salire in cielo se non altro per ammirare, in uno sguardo, la sua città.

Davide Bellei

Nasce a Modena il 14 novembre 1938. Ancor giovanissimo comincia a frequentare la palestra della Società Panaro dove l'istruttore Mario Frigerio lo avvia alla pratica della lotta grecoromana, disciplina che, oltre alla forza fisica, richiede doti tecniche e prontezza di riflessi non comuni. All'età di 17 anni diventa Campione provinciale nella categoria pesi leggeri. Nel 1956 e 1957 conquista il titolo di Campione dell'Emilia Romagna. Nell'anno 1958 viene selezionato per partecipare al Campionato Italiano che si svolge a Bari dove si classifica al 2o posto assoluto e al 1o fra gli Under 21. Il servizio militare gli impedisce di continuare una brillante carriera che probabilmente lo avrebbe portato alla conquista del titolo italiano assoluto. Ottenuto il congedo, nel 1960 si dedica al difficile lavoro di lattoniere arrivando poi a costituire, con i figli, la Ditta Bellei Davide s.n.c. ora fra le maggiori del settore.

Roberto Bellei

Motociclista - Nasce a Sassuolo nel 1970. Dopo una serie di affermazioni nella categoria Under 21, nel 1992 diviene campione d'Italia dello Sport Production classe 125, nel circuito di Monza su moto Cagiva. Il giornalista Otto Malagoli, sul Resto del Carlino, così descrive l'impresa:

"Nella corsa che avrebbe deciso chi fosse il più meritevole dell'ambito titolo, Bellei era partito con un margine di nove punti sul più immediato avversario. Sulla pista monzese il pilota dell'Associazione Motociclistica Modenese ha condotto una gara tattica scevra di inutili rischi. Roberto fu terzo lo scorso anno nel campionato Under 21: i suoi progressi sono evidentissimi. A ventidue anni l'avvenire è nelle sue mani. Tutto sta nel saperlo sfruttare nel modo giusto, come ha fatto sino ad oggi il bravo centauro. Lusvardi ha molta fiducia nel giovanotto, fiducia condivisa dalla Cagiva".

Roberto Bellei, nella sua pur breve carriera, conquista altri importanti trofei, giungendo poi ottavo nel mondiale del 1994.

Nello ed Enrico Bellei

Driver - Sono padre e figlio. Nello nasce a Modena nel 1930. Fin da giovanissimo è preso dalla grande passione per i cavalli, divenendo poi uno dei più titolati driver nazionali. E' allievo di Sergio Brighenti quando nel 1950, a Torino, conquista la prima vittoria. Diventato la seconda guida di Vivaldo Baldi, si aggiudica il primo gran premio, proprio a Modena, nel Ghirlandina. Negli anni successivi diviene Campione d'Italia per undici volte. Quando decide di svolgere la sua attività prevalentemente a Montecatini Terme, si trasferisce con la famiglia a S. Marcello Pistoiese. Nel 1963 gli nasce un figlio a nome Enrico al quale riesce a trasmettere la sua passione per la guida dei cavalli. Enrico, degno figlio del mitico padre, a 19 anni esordisce in pista. Anche lui vince il primo Gran premio proprio a Modena (nel "Renzo Orlandi"). E' l'inizio di una lunga serie di vittorie, e stabilisce anche dei record. Infatti il 1o agosto 1996 consegue sei vittorie; il 3 dicembre 2000, a Firenze, ancora sei vittorie. Per ben sei volte gli viene assegnato l'ambito premio "Il Frustino d'Oro", per numero di vittorie conseguite e cioè: n. 202 nel 1992; n. 278 nel 1995; n. 326 nel 1996; n. 324 nel 1997; n. 364 nel 1999; n. 422 nel 2000. Sino a tutto il 2001 ha superato le 3.000 vittorie. Nella classifica mondiale per numero di vittorie conseguite in un anno si è insediato al 4o posto. Il giornalista Sandro Picchi sul Resto del Carlino ha scritto:

"Bisogna correre tutti i giorni per essere bravi come Enrico Bellei, un guidatore completo, con un gran senso dell'andatura e con una elasticità tattica che neanche suo padre, forse, possedeva. Enrico Bellei cerca la quantità. La cerca sulle piste fangose dell'inverno, nelle serate degli ippodromi estivi, nelle corse dei campioni e in quelle dei brocchi, nelle metropoli e nella provincia. Ovunque ci sia da vincere. Ma non mancano i grandissimi traguardi nell'albo d'oro di Bellei: un Derby e un Lotteria di Merano nel 1997. I suoi tifosi lo chiamano "Figlio del vento". Considerato che Enrico è ancora in attività, certamente il suo palmares si arricchirà di altre prestigiose vittorie".

IMPRENDITORI

Walter Bellei


E' nato a Sassuolo il 30 luglio 1920. Ancor giovane inizia l'attività di lavoro presso la Fonderia Corni. Nel 1940 viene chiamato a prestare servizio militare e assegnato al 4o Reggimento Autieri di Stanza a Trieste. Il giorno dell'Armistizio (8 settembre 1943) si trova a Bolzano dove si nasconde presso una famiglia che lo ospita sino alla fine del conflitto. Nel dopoguerra fonda la Ditta Bellei Walter con sede a Modena in via Sabbatini, 13. E' una Ditta individuale il cui titolare esplica l'attività di concessionario di automobili, autocarri, trattrici, motori industriali Ford di produzione inglese, tedesca e americana. La Ditta si specializza nell'applicazione di motori Diesel su qualsiasi impianto industriale e su autocarri, mediante l'accoppiamento del motore con una "flangia" costruita dall'impresa e coperta dal brevetto n. 83377 del Ministero Industria e Commercio. Si afferma e si consolida oltre che nei prodotti di cui sopra, anche nelle trasformazioni per ribaltabili, nel montaggio di motori Diesel su autocarri e di pale caricatrici su gruppi industriali Ford. Ha notevoli relazioni con l'estero tramite la Ford Italiana S.P.A. con sede a Roma. In Italia sviluppa la rete commerciale in modo particolare a Modena. La Ditta ha sempre offerto ai suoi clienti macchinari razionali, efficienti e sicuri. Nel 1980 costituisce la Walter Bellei S.p.A. Ford e trasferisce la propria sede, sempre a Modena, in via Emilia Est n.1127 in uno stabile fatto costruire appositamente con annessa officina e relativo magazzino ricambi. Per i molti meriti acquisiti, nel 1970 gli viene conferita l'onorificenza di Cavaliere della Repubblica, nel 1975 viene nominato Commendatore e il 2 giugno 1996 viene insignito della Croce di Grand'Ufficiale.


Infine occorre aggiungere che Walter non è vissuto soltanto per le attività commerciali, ma ha anche trovato il modo di coltivare la passione per lo sport, sponsorizzando squadre di calcio giovanili sia maschili che femminili. Il Corriere dello Sport, al riguardo, gli assegna il "Discobolo d'Oro" per meriti sportivi.




Giuseppe Bellei

E' nato a Bomporto nel 1943. Eredita dal nonno (fondatore, nel 1920, della cantina vinicola Francesco Bellei e Figli) la passione per l'enologia. Giuseppe lavora assiduamente per anni nell'ambito dell'azienda, seguendo accuratamente ogni fase della lavorazione e soffermandosi, in particolare, sulla fermentazione naturale in bottiglia che rende frizzante il Lambrusco. Ed è proprio la fermentazione dei vini che lo avvince al punto che un giorno decide di recarsi in Francia, patria degli spumanti più famosi, per studiare il metodo Champenois. Ritorna con la convinzione che anche nella sua cantina si possa introdurre il metodo francese. Al fine di arrivare alla sperimentazione, sa che, innanzitutto, occorre impiantare i cloni su terreni in collina, ben soleggiati. Cerca e trova, vicino a Riccò di Serramazzoni, il luogo più adatto ove, ben presto, mette a dimora moltissimi vitigni francesi di Pinot nero e di Chardonnay. Dopo alcuni anni riesce a produrre uno spumante di qualità, tanto che ottiene ambiti riconoscimenti. Giuseppe, nel frattempo, muta la ragione sociale dell'azienda che diventa la Cantina Vinicola Francesco Bellei s.r.l. Ma Giuseppe, da tempo ammalato di cuore, il 28 dicembre 1998 non riesce a superare una forte crisi che gli provoca l'arresto cardiaco. Aveva soltanto 55 anni. La Gazzetta di Modena, in un articolo a tre colonne, il 30 dicembre 1998 ha messo in giusto risalto le qualità imprenditoriali di Giuseppe Bellei a commemorazione della sua repentina fine. Detto articolo, inoltre, è anche il compendio della sua vita, per cui ritengo opportuno trascriverlo integralmente:

"Bomporto - Si è improvvisamente spento Giuseppe Bellei, uno dei più conosciuti imprenditori vinicoli di Modena e dell'Emilia. Bellei, detto "Beppe", aveva 55 anni ed era contitolare della cantina "Francesco Bellei s.r.l.". Il decesso sarebbe dovuto ad un arresto cardiaco. Bellei, da tempo sofferente di cuore, era in lista d'attesa per un intervento chirurgico che avrebbe dovuto risolvere il problema. Si doveva operare a Verona, aspettava una chiamata a partire dal 7 gennaio scorso. Invece ecco arrivare questa "mazzata", commenta ancora scosso il socio, Giorgio Battilani. Quella dei Bellei è una generazione "doc". Avevano cominciato gli avi: la cantina Francesco Bellei era stata fondata a Bomporto nel 1920. Nella cantina, oggi, è presente la quarta generazione con il figlio di Beppe, Christian".

Aurelio Bellei

E' nato a Bomporto il 12/12/1934. Il padre, il nonno e il bisnonno sono stati coltivatori diretti, prima nel territorio di Ravarino e, dal 1929, nel comune di Bomporto. Aurelio eredita dal padre Secondo la passione per la viticoltura e gradualmente trasforma buona parte del podere in vigneto. L'alta qualità del vino prodotto conquista, ben presto, il palato di intenditori e amatori che; di anno in anno, aumentano tanto che Aurelio non sempre riesce a soddisfare tutte le richieste. Dal 1980 intensifica l'impianto di altri vitigni, scrupolosamente selezionati, per ottenere quell'uva nera "Labrusca" conosciuta fin dai tempi dell'antica Roma. Dopo alcuni anni, Aurelio ha la grande soddisfazione di ottenere i più ambiti riconoscimenti enologici. Infatti esperti conoscitori e assaggiatori non esitano ad attribuire al suo Lambrusco la Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) e l'Indicazione Geografica Tipica (I.G.T.) definendolo: "Vero Lambrusco di Sorbara". Raggiunto questo prestigioso traguardo, Aurelio ritiene che sia giunto il momento di ampliare e potenziare l'Azienda Agricola dotandola di apparecchiature moderne al fine di aumentare la produzione. Considerato, però, che da solo non può sobbarcarsi un impegno così importante e gravoso, ritiene necessario coinvolgere la famiglia nella progettata trasformazione aziendale. Aurelio è padre i quattro figli: due maschi e due femmine. I due maschi si sono incamminati su strade diverse: Gianluca trova lavoro presso una ditta tessile; Giampaolo, dopo avere frequentato il Centro Formazione Professionale Nazareno di Carpi, diventa cuoco in rinomati ristoranti fra i quali il famoso Ristorante Fini di Modena. Quando viene tenuto il consiglio di famiglia, Aurelio espone il suo piano in modo chiaro e preciso:


"L'Azienda ha fatto notevoli progressi: dal lato commerciale la domanda supera l'offerta, perciò, se vogliamo mantenere alta la vinificazione in rapporto alla produzione di uva, è necessario costruire un capannone ove collocare impianti e attrezzature moderne. Se si arriva a tanto, sarà necessario assumere manodopera qualificata, oppure lavorare tutti dentro all'azienda. In questo caso si potra realizzare un notevole risparmio che andrà a beneficio di tutta la famiglia".


Gianluca e Giampaolo comprendono che il padre si riferisce soprattutto a loro e dichiarano la loro disponibilità. In breve tempo viene fatto costruire il capannone progettato e ristrutturata la casa di abitazione. Nel 1994, dopo la installazione delle più moderne attrezzature, ha inizio il nuovo sistema di produzione incentrato sulle qualità di maggior pregio: il Lambrusco secco e il Lambrusco amabile. Una parte del vino così ottenuta viene imbottigliata con il metodo tradizionale e cioè lasciando che l'ultima fase della fermentazione avvenga dentro le bottiglie stesse dove, sul fondo, si deposita un sottile strato di sedimentazione; l'altra parte viene filtrata sterile per cui nelle bottiglie non rimane alcun sedimento. Nell'anno 2001, l'Azienda ha prodotto ben 2.000 ettolitri di Lambrusco. Ogni anno, circa l'80% dell'imbottigliato viene venduto a privati consumatorí, il rimanente 20% a rinomati ristoranti. L'azienda Agricola Bellei Aurelio, fondata nel 1966 a Sorbara di Bomporto, in questo anno 2002, ha messo a dimora altri 4.000 vitigni selezionati, allo scopo di aumentare la produzione del suo ottimo Lambrusco.

Luigi Bellei

Terzultimo di dieci fratelli, è nato a Ravarino nel 1925. Il padre Geminiano, negli anni che precedono la Prima Guerra Mondiale, oltre alla coltivazione dei campi, dedica particolare cura alla produzione del vino tipico della zona: il Lambrusco. Dall'accurata selezione dei vitigni, ottiene risultati soddisfacenti per cui il suo Lambrusco viene sempre più richiesto. Ciò invoglia Geminiano a dedicarsi prevalentemente alla vinificazione, ma da solo teme di non essere capace di attrezzare e gestire una grande cantina. Allora trascina nell'impresa il fratello Adolfo e insieme, nel 1914, fondano la Ditta Bellei F.lli - vini. In un capannone di proprietà sito in via Maestra n.1446 a Casoni di Ravarino, riescono ad avviare una soddisfacente produzione vinicola. Negli anni venti estendono una vasta rete commerciale che fa conoscere il loro squisito Lambrusco in tutta l'Emilia Romagna. Nel 1934 partecipano all'Esposizione Vinicola di Firenze ove ottengono il premio più ambito: la Medaglia d'Oro con relativo diploma. Il 15 marzo 1941, i fratelli Bellei si separano e la ditta rimane per intero a Geminiano il quale, successivamente, lascia a Luigi la gestione della cantina. Decisione saggia perché Luigi, animato da grande passione per viticoltura, potenzia l'azienda e incrementa la produzione. Il 26 febbraio 1966, alla morte del padre, si trova a dover affrontare da solo tutti gli oneri finanziari e le responsabilità gestionali dell'azienda. Nel 1978 acquista un vecchio edificio di proprietà dei Rangoni, lo fa ristrutturare e vi trasferisce la sede della ditta con tutte le attrezzature e le apparecchiature. Dopo poco tempo cambia anche la ragione sociale e costituisce la Ditta Bellei Luigi e Figli s.r.l.. Il suo rinnovato impegno viene premiato, nel 1986, all'Esposizione vinicola di Asti, con diploma e Medaglia d'Oro. Luigi è felicemente sposato e ha due figli (Maurizio e Mariangela) che da anni lo aiutano validamente nell'organizzazione e nell'esecuzione dei lavori aziendali e commerciali. Superata, la soglia dei sessantanni, Luigi si interroga e si convince che deve rallentare il ritmo del lavoro sino ad allora sostenuto. Quindi progetta di intraprendere, in un futuro non lontano, un'attività meno gravosa rimanendo, però, sempre nel campo enologico. Sicché, mentre continua con assiduità la vinificazione, decide di impegnarsi a fondo nella produzione dell'aceto balsamico, da tempo iniziata nel capannone della "Cantina" con centinaia di barilotti. A tal fine, acquista altri 1.600 barili in rovere e li riempie secondo una vecchia ricetta, risalente ai primi anni del 1900, gelosamente custodita. La lenta e naturale trasformazione del mosto cotto, conferisce un sapore agrodolce al prodotto che viene denominato "Aceto Balsamico di Modena". Posto in commercio, ben presto ottiene i favori del mercato con vendite superiori ad ogni previsione. Pertanto cessa la vinificazione e potenzia ulteriormente la produzione del balsamico. Attualmente possiede circa 2.200 barili che danno un aceto balsamico di diverso invecchiamento. La gamma dei vari prodotti, confezionati nel modo più raffinato ed esclusivo, ha invaso i mercati di molti paesi: dalla Germania al Canada, dalla Francia al Gabon, dall'Inghilterra al Brasile, dal Sudafrica agli Usa, dall'Olanda al Giappone. Luigi è soddisfatto dell'andamento aziendale, ma è ancora più contento di svolgere, ora, un lavoro che gli concede un po' di respiro. Concluso il racconto della sua lunga attività aziendale, a Luigi interessa molto la mia ricerca sulle origini dei Bellei e mi racconta che discende da una famiglia fra le piú antiche insediatesi a Ravarino. Al riguardo mi mostra uno "scorcio storico-descrittivo" tracciato dal maestro Bruno Lodi, autore del libro "Itinerari ravarinesi". Da detto "scorcio-storico" si rileva che un certo Marcho Bellè figura fra i battezzati della parrocchia di Ravarino nel 1594. Nell'Archivio Storico Comunale di Nonantola, aggregato di Ravarino, compare Giuseppe Bellè, detto Vecchino abitante alla Pioppa vicino al Panaro. Inoltre si legge che:


"Domenico Bellei, chiamato pure Blè, risulta abitante in "Casa del Signor Marchese Bonifazio Rangoni". Ancora abitante in casa Rangoni, "Lungo la Riviera del Panaro al n. 249, trovasi il 12 maggio del 1847 Bellei Geminiano, padre di Eugenio che intorno al 1890 abita con la numerosa famiglia, in casa del Marchese Lotario Rangoni sita al n.373 della Strada Nuova".


Fra i documenti consultati dal maestro Lodi risulta, fin dal 1780, l'attitudine dei Bellei a specifiche attività commerciali e artigianali manifestate sia a Ravarino che a Bomporto. Ma c'è un fatto molto importante per Luigi e cioè l'acquisto da parte di Geminiano e Adolfo Bellei della possessione "Cantina" costituita da circa 64 biolche, possessione che, come già accennato, nel 1941 rimane, per divisione, interamente a Geminiano che
"diede il maggior lustro alla famiglia per le sue notevoli doti imprenditoriali in agricoltura, dirigendo per molti anni in modo ineguagliabile, quale fattore, l'esteso latifondo dei Rangoni".

Luigi è orgoglioso di aver avuto un antenato simile ed è soddisfatto di ciò che il maestro Lodi ha messo in evidenza nell'ultimo paragrafo del suo "scorcio storico-descrittivo" a riguardo dei rapporti intercorsi fra i Rangoni e i Bellei "documentati per circa tre secoli di storia locale, sviluppati nei tempi recenti tanto intensamente che ad ognuno sono noti". Da Marcho Bellè a Luigi Bellei sono trascorsi più di quattro secoli durante i quali i Bellè-Bellei hanno scritto una pagina della storia minore di Ravarino.

DIRIGENTI

Valter Bellei

E' nato a Ravarino il 2 ottobre 1934. Conseguita la maturità al Liceo scientifico, si iscrive alla Facoltà di Ingegneria Chimica presso l'Università di Bologna. Nel periodo degli studi universitari ha svolto attività lavorativa. Vinto un concorso nazionale, dal 1958 al 1960 diventa Capostazione F.S. con destinazione prima a Verona, poi a Brennero. Nell'anno accademico 1962-63 si laurea. Nel 1964 inizia l'attività professionale come capo fabbrica nello Zuccherificio di Finale Emilia, con compiti di progettazione e controllo di nuovi impianti, oltre a quello proprio della produzione. Nel 1968 viene distaccato presso il cantiere di Argelato (BO), con incarico di controllo e di gestione del nuovo complesso industriale e vi rimane sino al 1971. Restando nell'ambito della Società Italiana per l'Industria degli Zuccheri, nel periodo 1971-74 viene trasferito a Genova presso l'Ufficio Tecnico della Direzione Centrale, poi dal 1974 al 1980 dirige lo Zuccherificio di Finale E. Nell'arco di tempo che va dal 1980 al 1986 gli viene affidato l'incarico di dirigere gli zuccherifici di Lendinara (BO) e di Porto Tolle (RO). Nel 1987 riceve anche la nomina a direttore dello stabilimento di Mirandola (MO) dove si svolge l'attività di insacco dello zucchero prodotto da altre fabbriche sociali. Nel 1991, in aggiunta a quelli precedenti, riceve l'incarico della direzione degli ex zuccherifici di Crevalcore (BO) e Argelato per l'immagazzinamento, impacchettamento e insacco dello zucchero, con un organico di circa 30 dipendenti. Nel 1994, raggiunti i 36 anni di anzianità contributiva, si dimette da ogni incarico in seno alla Soc. Italiana Industria Zuccheri, si iscrive all'Albo degli ingegneri, poi frequenta il "corso di specializzazione della sicurezza sul lavoro per consulenti esterni e responsabili del servizio di prevenzione", organizzato dall'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Modena. Al termine di detto corso, inizia l'attività di libero professionista con incarichi di consulente esterno per la sicurezza, valutazione dei rischi, certificati di prevenzione incendi nelle ditte e collaudi statici di edifici industriali e abitazioni civili. Fin qui l'ing. Bellei in carriera e poi libero professionista. Ma Valter quali origini ha per nascita? E' stato accertato che discende da una famiglia che all'inizio del '700 era già radicata nel territorio di Ravarino, a pochi chilometri da Bomporto. Andando a ritroso nel tempo, Valter è arrivato nelle sue ricerche fino al trisavolo Francesco. Il nonno Ugo (1878-1971) aveva sposato Clementina Pedretti (1879-1919) dalla quale ha avuto ben undici figli. Sul conto della nonna Clementina ci sono molte cose interessanti da raccontare. Innanzitutto occorre dire che discendeva da una famiglia che sembra sia stata perfeitamente autoctona del territorio di Ravarino e di Stuffione. Infatti un Pedretti Antonio esisteva nel 1467. Molta importanza hanno avuto le famiglie Pedretti di Stuffione dalla fine del secolo XVI sino all'inizio del XIX. Sono stati proprietari di latifondi, di fabbricati e costruttori di ville dove abituahnente risiedevano e rimasero, per ben due secoli, costituendo la più importante dinastia di Stuffione. Il cognome Pedretti richiama la lavorazione e il commercio della pietra ( notizie attinte dal libro "Itinerari ravarinesi" di Bruno Lodi). Ciò premesso, merita di essere ricordata una vicenda di cui è stato protagonista un cugino di Clementina, a nome Ettore, che è diventato famoso nel 1928 durante la spedizione di Nobile al Polo Nord. Al riguardo, sulla Gazzetta di Modena del 14 aprile 2001 è apparso un articolo così intitolato:


"L'uomo che avrebbe potuto salvare Nobile"


e, nel sottotitolo:


"Un modenese, Ettore Pedretti, intui l'aposizione dei superstiti ma non fu creduto".


Il giornalista Fabio Montella ha scritto:


"Nel 1928, un modenese poteva salvare subito Umberto Nobile e gli altri sopravvissuti del dirigibile Italia. In questo modo si sarebbe fermata la gara dei soccorsi, che costò la vita a tanti uomini, compreso l'esploratore norvegese Roald Amundsen. Il nome di questo eroe mancato è Ettore Pedretti, nato a Ravarino nel 1893. La sua felice intuizione non cambiò la storia perchè un altro modenese, Ugo Baccarani di Concordia, e il suo diretto superiore, il comandante Giuseppe Romagna, non gli credettero. Romagna, come asserisce l'americano Wilbur Cross nel suo libro "Disastro al Polo", ostacolò piu volte la missione di Nobile e ritardò i soccorsi quando il dirigibile "Italia" cadde sul mare di ghiaccio. Il disastro avvenne il 24 maggio 1928, poche ore dopo che l'aeronave aveva sorvolato il Polo Nord. Per cause mai chiarite, il dirigibile perse quota, picchiò la coda sul pack, e continuò il suo volo con a bordo sei uomini dell'equipaggio, di cui non si seppe più nulla. Altri dieci uomini, tra cui Nobile, furono scaraventati a terra. Uno solo morì, mentre gli altri cominciarono una lotta per la sopravvivenza che durò quarantotto giorni... Il 29 maggio Pedretti, che si trovava, a bordo della nave "Città di Milano" in appoggio alla spedizione, era in cuffia alla radio quando schizzò in piedi; aveva decifrato una singola parola: "Italia" e poco dopo un breve messaggio: "Rispondete via Ido 32 k". Era Biagi con la radio a onde corte che aveva salvato nell'impatto. La parola codice Ido stava per stazione romana di San Paolo da dove si poteva ricevere con chiarezza. E la lettera K significava urgente. Afferrò Baccarani per un braccio e gridò: "E' l'Italia! Ci sta chiamando!"Ma Baccarani disse che si trattava di Mogadiscio e anche il comandante Giuseppe Romagna non volle credere che l'SOS fosse venuto realmente dal dirigibile scomparso. Nemmeno si preoccuparono di controllare con la stazione relais di Mogadiscio. Al ritorno Nobile confermò che era stato Biagi a inviare quel messaggio ".






Pedretti aveva ragione. Comunque la sua parte l'aveva fatta egregiamente. Più che un eroe mancato è stato un eroe incompreso. In sintesi, si può dire che il carattere dei Pedretti ha trovato rispondenza in quello dei Bellei. E' stata un'ottima fusione.



Giorgio Bellei

Nasce a S. Giovanni in Persiceto nel 1940 da famiglia originaria di Ravarino (è cugino dell'ing. Valter Bellei). Si diploma presso l'Istituto Tecnico "G.Guarini" di Modena. Per assolvere gli obblighi militari, nel 1960 frequenta la Scuola allievi ufficiali di Lecce dalla quale esce con il grado di sottotenente di complemento. Compie il servizio di prima nomina a Trento, poi a Vipiteno ove termina il periodo di ferma. Collocato in congedo, intraprende l'attività che gli è congeniale: tecnico edile. Dopo un periodo di praticantato, in poco tempo compie una rapida scalata di incarichi nell'ambito della professione: diventa assistente, poi capo cantiere, capo filiale, capo area, direttore tecnico di importanti imprese di costruzioni, quindi project manager di grandi complessi edilizi firmati da progettisti di fama fra i quali l'arch. Renzo Piano. Svolge l'attività prevalentemente in Italia (Emilia, Trentino, Puglia, Calabria, Sicilia, Piemonte, Lombardia) e, saltuariamente, anche all'estero dove esegue controlli di società filiali, stipula contratti di appalto, effettua indagini commerciali e studi particolari. La vasta esperienza maturata e la riconosciuta abilità lo portano ad esercitare la libera professione espletando incarichi contrattuali e di consulenza. Per ciò che riguarda l'ascendenza di Giorgio, vale quanto riportato nella biografia del cugino Valter Bellei.


Franco Bellei

E' nato a Modena il 24 aprile 1944. Nel 1969 si laurea in Scienze Biologiche presso l'Università di Modena e, nel 1975, in Sociologia all'Università di Urbino. Svolge, nel proprio studio, l'attività di consulente di economia e organizzazione aziendale. E' iscritto nel Registro dei Revisori Contabili. L'attività professionale svolta dal 1970 in vari campi è incredibile. Infatti ha ricoperto e ricopre tuttora incarichi di grande prestigio: da consigliere a dirigente, da docente presso l'Università di Modena a responsabile commerciale e capo del personale, da presidente di fondazione a componente di collegio sindacale, da presidente ad amministratore delegato di banca. Nel 1996, in qualità di amministratore delegato di Rolo Banca 1473, è risultato vincitore (unitamente all' IMI di Rainer Masera e a Vittorio Serafino) delle classifiche della finanza italiana realizzate da Lombard, The Italian Magazine of International Finance. Bellei e IMI sono entrati nel palmares della elite come banchiere e banca dell'anno. Recentemente, in base ai risultati consolidati al 31 dicembre 2000, la Rolo Banca 1473 ha diminuito di oltre 4 punti il cost/income ratio, passando dal 45% al 40,8%, mentre il rapporto sofferenze nette / impieghi è giunto ai minimi storici del gruppo: lo 0,9%. Ma ciò che piú stupisce, oltre alla qualità, è la quantità degli incarichi ricoperti finora. Prima di indicare i più importanti, ritengo sia significativo enumerarli statisticamente:

- per 21 volte è stato nominato Consigliere di enti pubblici e privati;

- per 8 volte Presidente di enti vari fra cui due banche;
- per 4 volte Membro di consigli e di comitati;
- per tre anni accademici (1992/1995) docente presso l'Università di Modena;
- per due anni componente del Collegio Sindacale C.I.P.R.O. S.p.A. - Modena;
- dal 1976 al 1980, responsabile del personale della Caprari Fabbrica Pompe S.p.A. - Modena;
- dal 1987 al 1991, Presidente della Cassa di Risparmio di Modena;
- dal 1988 al 1993, Vice Presidente, poi Presidente della GESPRO - Modena;
- dal 1991 al 1992, Presidente Mediocredito Emilia Romagna INER - Bologna;
- dal 1991 al 1994, Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Modena;
- dal 1991 al 1995, Amministratore delegato della Carimonte Banca S.p.A. - Bologna.


Questa, in sintesi, l'attività professionale relativa al periodo 1970-1995. Il dottor Franco Bellei, nell'anno 2001, ha compiuto 57 anni, età in cui raggiunta un'alta professionalità, ha varcato la soglia della notorietà non soltanto in Emilia Romagna, ma anche in Umbria e in Lombardia. Lo conferma il fatto che, attualmente, ricopre ben undici incarichi importanti che elenco brevemente:

- Amministratore Delegato Rolo Banca 1473 S.p.A. - Bologna (dal 1996);
- Consigliere Carimonte Holding S.p.A. - Bologna (dal 14/2/2000);
- Consigliere Unicredito Italiano S.p.A. - Milano(dal 28/4/1997);
- Consigliere Credit Carmonte S.p.A. - Modena (dall' 1/1/1996);
- Consigliere e Componente Esecutivo Associazione Bancaria Italiana – Roma (dal 23/6/2000);
- Consigliere e Componente Comitato Esecutivo Cassa Risparmio Carpi S.p.A. - Carpi (dal 19/6/2000);
- Consigliere S.R. Investimenti e Gestioni - Società di Gestione del Risparmio (S.G.R.) S.p.A. - Milano (dal 28/6/2000);
- Consigliere Mobirolo S.p.A. - Reggiolo (RE);
- Consigliere Banca dell'Umbria 1462 S.p.A. - Perugia (dal luglio 2000);
- Consigliere Mediocredito dell'Umbria S.p.A. (dall'aprile 2000);
- Consigliere Rolo Pioneer SGR S.p.A. - Bologna (dal 24/7/2001);
- Consigliere Nomisma - Bologna (dal 28/5/2001).

Ultimamente, nel dicembre 2001, ha raggiunto il più prestigioso dei traguardi: in qualità di presidente del cda della Rolo Banca 1473, ha dato il via libera alla fusione con l'Unicredito Italiano, progetto che darà vita a un Gruppo di struttura federale che, entro l'esercizio 2002, realizzerà tre nuove banche nazionali specializzate per segmento di clientela. Le banche federate (Credito Italiano, Rolo Banca 1473, Cariverona, Banca CRT, Cassamarca, Caritro, CRTrieste) hanno adottato un identico modello organizzativo e commerciale e avranno sede a Bologna così come la direzione nazionale. Per lui è certa la vicepresidenza, carica che assumerà a partire dal 22 novembre 2002. 




L'Unicredito Italiano avrà 6 milioni di clienti, 2.800 filiali e 23.000 dipendenti. Questa operazione di vasta portata ha messo in evidenza, ancora una volta, la lucidissima intelligenza e la straordinaria capacità di intuizione del dottor Franco Bellei il quale, pur essendo lungi dal concludere la sua vulcanica e poliedrica attività professionale, si colloca già fra i Bellei che hanno dato lustro alla stirpe.



MEDICI

Silvia Bellei


Nasce a Pavullo nel 1953. Frequenta il Liceo Scientifico A. Tassoni a Modena, dove si è trasferita con la famiglia. Nel 1970 consegue la maturità, poi si iscrive alla Facoltà di Biologia presso l'Università di Modena. Si laurea a pieni voti nel 1974. Quindi frequenta la facoltà di Medicina e nel 1978 ottiene la seconda laurea. Successivamente si dedica allo studio delle malattie degli occhi e nel 1982 ottiene la specializzazione. Inizia l'attività professionale presso l'USL n° 16 di Modena e nel contempo apre uno studio medico in C.so Canalgrande. Ben presto la sua perizia è riconosciuta nell'ambito sanitario pubblico e privato. Infatti viene chiamata ad effettuare, periodicamente, visite negli ambulatori USL di Sassuolo, Pavullo e Castelfranco E.. A seguito delle numerose richieste di privati pazienti, si trasferisce con lo studio medico in Viale Medaglie d'Oro n° 20, allestendovi apparecchiature moderne in spazi adeguati. Ha effettuato pubblicazioni di vario genere, fra cui alcune, molto diffuse, sulla oftalmia pediatrica.



Altri medici:


Bellei dott. Silvio – Modena

Bellei dott. Carlo – Sassuolo
Bellei dott. Mauro – Sassuolo
Bellei dott. Roberto – Sassuolo

LIBERI PROFESSIONISTI IN VARI SETTORI


Bellei prof. Pier Luigi - Modena

Bellei ing. Renzo - Sassuolo
Bellei arch. Rita - Modena
Bellei dott. Franco - Modena
Bellei dott. Cesare - Modena
Bellei ing. Paolo - Sassuolo
Bellei avv. Gianni - Formigine
Bellei ing. Valter - Finale E.
Bellei geom. Auronzo - Sassuolo
Bellei geom. Simone - Sassuolo
Bellei p.i. Andrea - Bomporto
Bellei rag. Federico - Albareto
Bellei Mussini arch. Giuseppe - Modena
Bellei p.i. Pietro - Modena
Bellei rag. Cristina - Modena
Bellei geom. Stefano - Modena
Bellei geom. Franco - Formigine
Bellei dott. Gianni – Formigine

BELLEI ALL'ESTERO


Giovanni Bellei


E' nato a S.Felice sul Panaro nel 1949. Laureatosi in ingegneria, è emigrato in Messico ove ha aperto uno studio per esercitare la professione distinguendosi anche in campo socio-culturale ed economico. Il Resto del Carlino, in data 7 gennaio 1986, tramite il giornalista Riccardo Pellati, ha pubblicato il seguente articolo con fotografia e ampio risalto:


"In Messico importante incarico all'ing. Giovanni Bellei. Il sanfeliciano presiederà una camera di commercio"


L'ing. Giovanni Bellei, rientrato in Messico dove da anni esercita la sua professione, ha avuto l'onore di essere chiamato a presiedere la Camera di Commercio Italiana, succursale di Quoretaro. Il quotidiano "Noticias" dell'undici novembre 1985, a pagina cinque, riferisce che:


"L'ing. Giovanni Bellei afirmo que su pian principal es fomentar lasi acttvitades socio-culturales y las importaciones y exportaciones con la Canaco italiana in Mexico".


Da una lettera pervenutaci siamo a conoscenza che l'ing. Bellei, pur essendo ormai padrone della lingua messicana per l'emozione si è lasciato sfuggire un'espressione in dialetto sanfeliciano che i numerosi presenti hanno sottolineato con un simpatico applauso. Il trentasettenne ingegnere di S. Felice, ai suoi già numerosi impegni professionali, ha ora aggiunto questo importante e delicato incarico che cercherà di assolvere nel migliore dei modi anche, soprattutto, nell'intento di favorire i rapporti commerciali con l'Italia.


Dove e quanti sono i Bellei, a Modena e provincia, titolari di un numero telefonico (dati rilevati dagli elenchi Telecom 2002)



Modena 181
Bastiglia 2
Bomporto 45
Campogalliano 4
Carpi 16
Castelfranco E. 4
Castelnuovo R. 5
Castelvetro 2
Cavezzo 6
Finale E. 14
Fiorano 4
Formigine 36
Guiglia 1
Lama M. 2
Maranello 13
Medolla 1
Mirandola 15
Montecreto 7
Montese 1
Nonantola 16
Pavullo 28
Polinago 1
Prignano 1
Ravarino 14
SanFelice S.P. 10
Sassuolo 73
Savignano S.P. 1
Serramazzoni 2
Soliera 10
Spilamberto 2
Vignola 11

TOTALE 528


I Belloi e i Bellelli sono dei Bellei il cui cognome è stato trascritto in modo errato.


I BELLEI E I BELLEY NEGLI USA

Daniel Bellei 723 W Finnie Flats Rd, Camp Verde , AZ (928) 567-6212
John Bellei 745 N Noble St, Chicago , IL (312) 829-7962
Star Bellei 248 Evening Canyon Rd, Corona Del Mar, CA (949) 644-5885
T Bellei Los Angeles , CA (323) 936-3786
Terry Bellei 1244 W Fork Dr, Lake Forest, EL (847) 295-3238
Andre Belley 2328 Charles Rd Hallandale, FL
Andre Janet Belley 38 Smith St Leominster, MA
B Belley Sitka, AK
Celine Belley 7201 E Us Highway 80Yuma, AZ
Clement Belley 324 Ne 46th St Pompano Beach, FL
D Belley 55 White St Lowell, MA
D A Belley 276 Middlesex Rd Tyngsboro, MA
Daniel Belley 20139 Forest Dr Spring, TX
Daniel Belley 4290 Cypress Hill Dr Spring, TX
David Maureen Belley Forest Dunstable, MA
Douglas Belley 1406 Clear Springs Dr Kerrville , TX
Frincine Belley 16860 Us Highway 19 N Clearwater, FL
Gaetan Belley Palo Alto, CA


Guylaine Belley 20139 Forest Dr Spring, TX
Jacques Belley 299 N Riverside Dr Pompano Beach, FL
Jason Belley 2564 Abington Rd Columbus , OH
Jean Cindy Belley 53 Fay St Lowell, MA
John Belley 1817 E Oltorf St Austin, TX
John Gretch en Belley 6487 Willow Broom Trl Littleton, CO
Joseph Belley 4330 Orangedale Rd Cleveland, OH
L Belley 82 Webster St Pawtucket, RI
Laura Belley 1203 Lattie Ln Mill Valley, CA
Louise Belley 3650 S Bear St Santa Ana, CA
M Belley 214 Persimrnon PI Lafayette, LA
M Belley 559 Sagamore Ave Portsmouth, NH
M K Belley 277 Tirus Ave Manchester, NH
Marie Belley San Marcos, TX
Maurice Belley 80 Via Del Corso West Palm Beach,FL
Michael Belley 1150 Vultee Blvd Nashville , TN
Miguel Belley 457 Hale Ave Oakland, CA


Mike Belley Bradley, WV
Normand Belley 522 Woburn St Tewksbury, MA
P Belley Largo, FL
P Belley 214 Persimrnon PI Lafayette , LA
Paul Belley 805 E Chester St Long Beach, NY
Paul Janet Belley 65 Alma St Lowell, MA
Paula Belley 26650 Players Cir Lutz , FL
Richard Belley 939 Prigge Rd Saint Louis, MO


Richard Belley Manhasset, NY
Robert Belley 128 Paul Revere Rd Arlington, MA
Robert Kathleen Belley 198 Gleneilen Rd West Roxbury, MA
Robin Belley Bluffton, SC
Robin Belley Hilton Head Island , SC
Robin Krísty Belley 414 Crestview Dr Van Buren , AR
Roger Belley 186 Frost Rd Tyngsboro , MA
Ronald Denise Belley 22 Parkhurst Rd Chelmsford, MA
Russell Belley 55 White St Lowell, MA
S Belley 29 Washington St Ayer, MA
Sheri Belley 2 Westfall South Rd Pelham, NH
Stacy Eric Belley Off Old County Rd Rockport,ME
Steven Belley 967 Lakeview Ave Lowell, MA
Timothy Belley 26650 Players Cir Lutz, FL
U Belley 58 Willowdale Ave Tyngsboro, MA
Walter Belley 8154 Langdale St New Hyde Park, NY


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AOSTA AO 11100 2 NOMINATIVI


1.BELLEY PATRIZIO
35, V. ARTANAVAZ 11100 AOSTA AO
Tel. 0165552867


2.FOTO-GOLD Dl BELLEY P.&. C.(S.A.S-)
1, VL. CONTE CROTTI 11100 AOSTA AO
Tel. 0165551298


AYMAVILLES AO 11010 11 NOMINATIVI


1.BELLEY ADELINA
4, LOC. GLASSIER 11010 AYMAVILLES AO
Tel. 0165902747


2. BELLEY ANGELO
47, LOC. CHERIETTES 11010 AYMAVILLES AO
Tel. 0165902140


3.BELLEY CARLO
74, LOC. MOUUN 11010 AYMAVILLES AO
Tel. 0165902520


4.BELLEY CORRADO
57, LOC. CHERIETTE 11010 AYMAVILLES AO
Tel. 0165902047


5.BELLEY IVO ANTONIO
59, LOC. CHERIETTES 11010 AYMAVILLES AO
Tel. 0165902027


6.BELLEY LUCIANO
I,LOC. LA ROCHE 11010 AYMAVILLES AO
Tel. 0165902115


7.BELLEY PIERA
22, LOC. MONTBEL 11010 AYMAVILLES AO
Tel. 0165902072


8.BELLEY RUGGERO
26, LOC. VERCELLOD 11010 AYMAVILLES AO
Tel. 0165902057


9.BELLEY SILVANA
19, LOC. FOURNIER 11010 AYMAVILLES AO
Tel. 0165902213


10. BELLEY ABRAM RITA
43, LOC. FERRIERE 11010 AYMAVILLES AO
Tel. 0165902128


11.MARKET BELLEY &. C. SNC
3, LOC. GLASSIER 11010 AYMAVILLES AO
Tel. 0165902368


OZEIN/AYMAVILLES AO 11010 1 NOMINATIVO


1. BELLEY GONTIER LUIGIA
5, - LOC. VILLE 11010 AYMAVILLES OZEIN AO
Tel. 0165902060


COURMAYEUR AO 11013 1 NOMINATIVO


1. BERTHOD BELLEY ELSA
5, V. S. BARBARA 11013 COURMAYEUR AO
Tel. 0165843347

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Info 412 Ricerca Elenco Abbonati - Risultati della ricerca Pagina 2 di 2

S. PIERRE AO 11010 1 NOMINATIVO


1. BELLEY DINO
17, RUE DE LATOUR 11010 S. PIERRE AO
Tel. 0165903357


SARRE AO 11010 2 NOMINATIVI


1.BELEY ESTER
13, FRAZ. BELLON 11010 SARRE AO
Tel. 0165257810


2.BELLEY FEDELE
15, LOC. PETTTCRE’ 11010 SARRE AO
Tel. 0165257888


BRISSOGNE AO 11020 1 NOMINATIVO


1. BELLEY BRUNOD PASQUALINA MARIA
55, FRAZ. NEYRAN 11020 BRISSOGNE AO
Tel. 0165762076


POLLEIN AO 11020 1 NOMINATIVO


1. SCLEA Dl BRUN &. BELLEY (S.N.C.)
9/E, LOC. LESILES 11020 POLLEIN AO
Tel. 016553583

file://C:\Documenti\Info412 Ricerca Elenco Abbonati - Risultati della ricerca.htm 04/02/02

Bellei e Belley a Genova, a Lucca, a Venezia e a Ferrara


Ricerca di un numero:


La ricerca ha fornito nominativi in 5 località:


GENOVA


1.BELLEI ALBERTINA
257, V. LORIA 16100 GENOVA GE
Tel. 0108391073


2.BELLEI ANTONIO73, V. DURANTE 16100 GENOVA GE
Tel. 010664014


3.BELLEI GINO
38/A, V. VESPUCCI 16100 GENOVA GE
Tel. 0106974381


4.BELLEI MARILENA
47, V VESPUCCI AMERIGO 16100 GENOVA GE
Tel. 0106969159


5.BELLEI REMO
44, V. PAUZZI 16100 GENOVA GE
Tel. 010391764


6.BELLEI SIMONETTA
40/B, V. VESPUCCI AMERIGO 16100 GENOVA GE
Tel. 0106973198


7.BELLEY BRUNA
17, V. CONTUBERNIO G. B. D'ALBERTIS 16100 GENOVA GE
Tel. 010501340


VENEZIA VE 30100 1 NOMINATIVO


1. BELLEY DEMETRIO
9, CALLE CHIESA 30100 VENEZIA VE
Tel. 0412413781


MESTRE/VENEZIA VE OOOOO 2 NOMINATIVI
1.BELLEY ERNESTO
112, V. GAVAGNIN 00000 VENEZIA MESTRE VE
Tel. 0415312720


2.BELLEY MARIA LUCIA
73, V. NAPOLI 00000 VENEZIA MESTRE VE
Tel. 0415310799


S. DONA' Dl PIAVE VE 30027 2 NOMINATIVI


1.BELLEI CLAUDIO
76, V. GIORGIONE 30027 S. DONA' Dl PIAVE VE
Tel. 042140035


2.FUTURO Dl BELLEI CLAUDIO
41, V. GIANNINO ANCILLOTTO 30027 S. DONA’ Dl PIAVE VE
Tel. 0421330705

http://www.info412.it/ris.jhtml?CG_CognDen=belIei&CG_Nom=&CG_Loc=&CG_Pro... 05/05/02


lnfo412 Ricerca Elenco Abbonati - Risultati della ricerca


LUCCA LU 55100 2 NOMINATIVI


1.BELLEI GIORGIO
260, V. DELLE TAGUATE - S. CONCORDIO C. 55100 LUCCA LU
Tel. 0583419525


2.BELLEI GIUSEPPE
983/B, V. PESOATTNA - S. VOTO 55100 LUCCA LU
Tel. 0583999161

1. BELLEI BRUNA
17, V. DEI GINEPRI - UDO 55043 CAMAIORE UDO DI CAMAIORE LU
Tel. 0584617611


1. BELLEI MAURA
220, V. FEDERIGI - QUERCETA 55046 SERAVEZZA QUERCETA LU
Tel. 0584743236


1.BELLEI IOLANDA
24, V. DELLA GRONDA 55049 VIAREGGIO LU
Tel. 058431036


2.BELLEI SWOBODA WANDA
11, V. ETRURIA 55049 VIAREGGIO LU
Tel. 058450724


3.BELLEY LUCIANO
139, V. MARONCELU 55049 VIAREGGIO LU
Tel. 0584960961


4.BELLEY WANDA
16, V. RAVENNA 55049 VIAREGGIO LU
Tel. 058456270


1.BELLEY IRENE
16, V. SOTTO LA CHIESA 55040 MASSAROSA STIAVA LU
Tel. 058492257


FERRARA FE 44100 1 NOMINATIVO


1.BELLEI GIULIANA
26, V. PORTA D'AMORE 44100 FERRARA FE
Tel. 053262021


MESOLA FE 44026 1 NOMINATIVO


1.ORFEI BELLEY AMEDEA
55, V. GIUSEPPE GARIBALDI 44026 MESOLA FE
Tel. 0533993156


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Capitolo terzo



LA NAVIGAZIONE FLUVIALE

Inizio quest'ultimo capitolo del libro riportando, innanzi tutto, una sintesi storica riguardante la navigazione fluviale da Modena al Po tramite il Naviglio e l'ultimo tratto del Panaro. E' noto che i fiumi e i canali navigabili, dai tempi remoti sino all'avvento della rivoluzione industriale, hanno costituito le vie di comunicazione fondamentali lungo le quali si sono verificate migrazioni e scambi commerciali molto importanti. Il Naviglio è il tipico canale artificiale aperto ex novo a scopo di trasporto per via d'acqua. E' sorto sull'alveo del torrente Formigine che, dopo avere toccato gran parte delle mura di Modena, raggiungeva Albareto, Bastiglia e Bomporto. Si vuole che sia stato scavato al tempo del vescovo Eriberto (XII secolo). L.A. Muratori ha evidenziato che "un bel documento comprova l'esistenza del Naviglio nel trattato di alleanza tra Ferraresi e Modenesi stipulato il 16 novembre 1198 a Ferrara". Sino alla fine del 1500, si preferi che il porto di Modena rimanesse fuori dalle mura (oltre porta Albareto) per maggiore sicurezza e per evitare che le merci entrassero in città senza pagare i dazi. Soltanto all'inizio del 1600, dopo che Modena nel 1598 era divenuta capitale del Ducato, ebbero inizio i lavori per introdurre la navigazione in città, per cui venne costruita una bella Darsena lungo l'attuale corso Vittorio Emanuele II. Al fine di garantire la navigazione, per la maggior parte dell'anno, vennero costruite delle conche o sostegni a Mulini Nuovi, ad Albareto, a Bastiglia e a Bomporto. La deviazione del Panaro nel Naviglio (XIV secolo) apportò copiose acque che consentirono la navigazione, quasi senza interruzione, da Modena al Po. Nel tratto del Panaro da Bomporto a Bondeno, per ragioni di sicurezza e custodia notturna delle merci, le imbarcazioni facevano sosta a Solara, oppure a Camposanto, a Codeluppi, a Finale E., a S. Bianca, a Bondeno. Il trasporto delle merci avveniva a mezzo di burchi, invece ai passeggeri erano riservati i burchielli, tutti con il supporto delle vele. Il burchio, lungo 24 metri, largo 4.5, aveva un pescaggio da cm 30 a m 1.10 e poteva trasportare un carico dai 400 ai 500 q.li. Il burchiello o battello, anteriormente a punta e posteriormente tondo, era di minori dimensioni ed aveva una copertura a riparo dal sole e dalla pioggia. Esistevano anche alcune imbarcazioni chiamate "bucintori", sfarzosamente ornate, che erano riservate al Duca e alla sua corte. Sino alla metà del 1800, il Naviglio e il Panaro concorsero in modo rilevante a sostenere l'economia di Modena, di Bomporto e di Finale E.. L'avvento della ferrovia e della motorizzazione, nella seconda metà del predetto secolo, segnò l'inizio della decadenza del trasporto per le vie fluviali minori. All'inizio del 1920 giunse a Modena, proveniente da Venezia, l'ultima imbarcazione carica di sale. Nel 1932 scomparve anche la conca di Bastiglia e, dopo poco tempo, fu interrata la Darsena di Modena, a testimonianza di quello che è stato l'approdo più importante da Modena al Po, è rimasto soltanto il sostegno di Bomporto, sistema esemplare di architettura idraulica.

COMUNE DI AYMAVILLES

Nel dicembre del 2001, convinto che i Bellei di Modena provenissero dalla Valle d'Aosta, ho ritenuto che sarebbe stato necessario inserire nel presente opuscolo una sintesi storica del Comune di Aymavilles dove, come ho già accennato, si era insediato il maggior numero dei Belley rovenienti dalla Francia. Non possedendo alcun testo, per ottenere una documentazione storica attendibile sono ricorso al mezzo più rapido: il telefono. Mi ha risposto la centralinista del Comune dicendomi che la richiesta doveva essere formulata, per iscritto, direttamente al sindaco Fedele Belley. Ovviamente il cognome mi ha piacevolmente sorpreso: era proprio ciò che mi occorreva per raggiungere lo scopo. Dopo alcuni giorni ho inoltrato la domanda scritta. Il 6 febbraio 2002 mi è giunta la risposta unitamente a una esauriente documentazione storica di Aymavilles, che di seguito riporto. Il sindaco Fedele Belley ha 39 anni. Come mi ha informato, discende da una famiglia impegnata da lungo tempo in attività sociali e politiche. Previa autorizzazione dello stesso, allego copia della lettera inviatami.

STORIA DI AYMAYILLES

E' uno dei 74 comuni della Regione Autonoma Valle d'Aosta. Si estende con una superfície di 53,41 kmq sulla destra orografica della Dora Baltea, da 604 m/s.l.m. ai 3.968 della Grivola, la sua montagna più alta.

La popolazione

Tracce sicure dimostrano che questo territorio fu antropizzato fin dalla preistoria. Esso fu intensamente abitato dopo la conquista romana (25 a.C.) perché qui furono sfruttate le cave di marmo grigio ("bardiglio") largamente impiegato nella costruzione degli edifici monumentali di Augusta Pretoria (Terme, Anfiteatro, Porta Pretoria, ecc.). Lo dimostra pure la presenza del ponte acquedotto romano del Pont d'Ael. Attualmente la popolazione è di circa 1.900 abitanti.

Il comune

Fino al XVIII secolo, si componeva di due comunità distinte, nate attorno alle due parrocchie di Saint-Lèger e di Saint-Martin di Aymavilles ognuna autonoma con propri consigli comunali e sindaci. Nel 1782 venne fatta la fusione in un solo comune che 146 anni dopo fu soppresso e aggregato a quello di Villeneuve. Soltanto nel 1939 riacquistò la sua autonomia originaria.

I monumenti

Aymavilles possiede molti monumenti di cui alcuni di grandissimo rilievo: il ponte-acquedotto romano, il castello, le chiese di Saint-Legèr (cripta del X-XI secolo) e di Saint-Martin (già menzionata nel 1176). Il ponte acquedotto romano fu costruito nell'anno 3 a.C. La struttura sorge ad Ovest del ponte d'Ael, scavalca una forra profonda m 60, ha un diametro di m 14,20 e una larghezza di m 2,30. Attualmente è costituito da due passaggi sovrapposti; quello inferiore è illuminato da piccole finestre; quello superiore era la sede dell'antico acquedotto di cui rimangono resti evidenti.

Il castello

E' stato costruito su un promontorio morenico, è circondato da un vasto parco alberato, ha un corpo centrale, già attestato nel 1287, e quattro torri cilindriche gli angoli edificate tra il 1377 e il 1423. Nel 1728 è stato ammodernato dal barone Giuseppe Felice di Challant. Nel 1970 è passato in proprietà dell'Amministrazione Regionale della Valle d'Aosta.

Famiglie nobili

Fra tante famiglie nobili, due su tutte spiccano: quelle dei De Amavilla e dei Challant i cui blasoni sono raffigurati nel primo e nel secondo riquadro dello stemma comunale. La De Amavilla è originaria autoctona e nel XII secolo è stata fra le più influenti della Valle d'Aosta. Nel 1191 suoi membri scrissero la Carta di Franchigia con il conte Tommaso I di Savoia. La sua fortuna declinò nel XIV secolo quando i Savoia divennero proprietari di Aymavilles. La famiglia dei Challant è stata la più ricca e potente. Molti dei suoi membri assunsero alla dignità vescovile, alla porpora cardinalizia e alle più alte cariche civili e militari degli Stati sabaudi. Divenne proprietaria del feudo di Aymavilles nel 1354. Con i titoli di signori, baroni e conti ne rimasero in possesso per 450 anni e cioè fino al 1804.

Blasonature dello stemma e del gonfalone

Lo stemma assume la seguente blasonatura: scudo francese moderno, inquadrato: Il primo, d'oro al leone nero, linguato, armato, allumato ed immaschito di rosso; il secondo, d'argento e banda di nero caricata di una colomba d'argento; il terzo, di rosso, al ponte d'argento, ad un arco, aperto; il quarto, di nero, al castello d'oro, aperto; al tortello su tutto in cuore azzurro, caricato di due campanili nascenti dalla punta, al naturale, il primo cimato dalla croce latina, il secondo cimato dalla croce latina e dal gallo. Lo scudo è sormontato dalla corona di comune e sostenuto da due rami decussati, di pino a destra, di vite a sinistra, di verde, fruttati d'oro, annodati e legati da un nastro partito di rosso e di nero e un nastro d'azzurro seminato di stelle d'oro. Gonfalone: drappo partito di rosso e di nero, frastagliati altre bandoni, riccamente ornato e frangiato d'oro e d'argento, caricato nel centro, dello stemma comunale, sormontato dall'iscrizione centrata "COMUNE DI AYMAVILLES".

(Sintesi storica ricavata da un opuscolo pubblicato dal comune)


COMUNE DI BASTIGLIA

Cenni storici

I primi nuclei abitati sorsero nella zona nell'anno 1000 d.C., favoriti dall'opera di bonifica dei Benedettini di Nonantola. La più antica citazione della località risale al 1026; allora era detta "Cesa" o "Zese". Il termine aveva il significato di "siepe posta al riparo dei campi", ma potrebbe anche derivare dal nome della cospicua famiglia dei Cesi, i cui componenti furono medici e notai in alcuni casi anche illustri, proprietaria di numerosi possedimenti in loco. Già nel 1174 Cesa era una corte, un insediamento rurale che dominava in posizione centrale un'area di proprietà dell'abbazia di Nonantola. Solo in seguito all'occupazione dei Visconti, nel 1354, il nome del borgo mutò in "Bastìa de' Cesi", in cui il termine Bastìa, trasformatosi poi in Bastiglia, indicava chiaramente una fortezza, elemento comune del tempo nel territorio. Barnabò Visconti, duca di Milano, in guerra con gli Estensi, fortificò effettivamente Cesa in questa data, erigendo una cerchia di difesa in legno, una specie di palizzata con terrapieni e fosse, dominata da una torre. In ricordo, Bastiglia ospita ancor oggi nel proprio stemma comunale una torre circondata da un ampio fossato. Incendiate dai Modenesi nel 1355 e riinnalzata nel 1363 dalle truppe dei Visconti, la Bastìa fu resa definitivamente agli Estensi, dopo altre vicende, nel 1384. Gli abitanti del borgo vissero successivamente un periodo di singolare prosperità economica legata alla costruzione sul Naviglio, nel 1432, del cosiddetto Sostegno e del mulino, da parte di Nicolò III, duca di Ferrara e Modena. Il Sostegno, in dialetto "al Stégn", era una conca a pianta ottagonale chiusa dai "portoni", saracinesche che, aperte e chiuse, permettevano di mantenere costante il livello dell'acqua. La conca di Bastiglia, che si apriva proprio nel centro del paese ove oggi è la piazza, è la prima costruita in Italia, forse nel Mondo; analoga soluzione fu adottata da Leonardo da Vinci a Milano ben cinquantanni più tardi. Facilitata quindi la navigazione ovviando agli eventuali dislivelli d'acqua, il Naviglio venne ad impersonare un ruolo di primo piano nell'economia del paese, favorendo scambi commerciali con Modena, con la Lombardia e con Venezia, tramite il Panaro e il Po. Anche il mulino costitui un aspetto fondamentale della vita di Bastiglia: non risentendo mai della mancanza d'acqua, essendo il Naviglio alimentato anche da acque sorgive, poteva funzionare anche nei periodi di siccità. Con le sue sedici macine fu inoltre il più grande della regione e grazie anche a questo conobbe un lungo periodo di splendore; tanto che in alcune carte cinquecentesche il borgo non viene più citato come Bastiglia, ma come "Molino della Bastìa". Dopo aver utilizzato per mezzo secolo l'acqua per muovere le macine, ma anche per arrotare i ferri da taglio, permettere il funzionamento della segheria pubblica, muovere i meccanismi utilizzati per brillare il riso e follare i panni, alimentare la dinamo che forniva illuminazione al paese, il mulino venne posto all'asta nel 1929 e divenne proprietà privata, per poi finire ad essere inservibile nel 1932. Nel frattempo Bastiglia aveva conosciuto l'insurrezione menottiana tramite i trecento giovani patrioti raccolti nei dintorni e guidati a Modena a piedi da Lotario Bacciolani, la notte del 3 febbraio 1831. Fu infine nel gennaio 1860 che Bastiglia, cessando di dipendere dal comune di Modena, ebbe, con decreto di Luigi Carlo Farini, la propria Municipalità.

(Da "Comune di Bastiglia " - Gruppo Media 1999-2000)

COMUNE DI FINALE EMILIA

Cenni storici

Il territorio di Finale Emilia rappresenta l'ultimo lembo della "Bassa" provincia di Modena. Posto a 15 metri sul livello del mare, comprende le frazioni di Massa Finalese, Reno Finalese, Casumaro, Casoni e Canaletto. Il nome di Finale deriva da "Finarium", cioè luogo di confine, data la sua posizione strategica tra le province di Modena, Bologna, Ferrara. Esisteva quindi, in questa zona, fin dall'antichità, un posto di frontiera fortificato che solo successivamente, al tempo dei Goti, sotto il regno di Teodorico, venne ampliato e trasformato in centro abitato. La navigazione fluviale che, nel medioevo, costituiva il mezzo di trasporto prevalente, è un elemento fondamentale nella storia politico-economica del paese. Infatti Finale, posta lungo il corso del Panaro nei pressi del punto in cui questo fiume sfocia nel Po, era un importante porto, centro economico e nodo di smistamento per le merci ed i traffici che si svolgevano fra Modena, Ferrara e Venezia. Costruita quindi dai Goti, nel 772 venne ceduta da Astolfo, re dei Longobardi, all'Abbazia di Nonantola. Nell'801 passò al Vescovo di Modena, con investitura imperiale del 1026 poi alla Contessa Matilde. Nel 1288, per volere della popolazione stessa, si sottomise - insieme a Modena - a Obizzo d'Este che provvide a ricostruire la rocca. Subì vari assedi come quello dei Veneziani del 1307 e dei Ghibellini (1328) per rimanere poi, quasi ininterrottamente, sotto la giurisdizione Estense. Ai tempi dell'assedio di Mirandola (1511), Finale venne occupata dalle truppe del duca d'Urbino, agli ordini di Papa Giulio II. Nel 1538, finito il periodo di lotte, si decise rabbattimento di parte delle mura per provvedere all'allargamento dei paese con la cosiddetta "addizione" di Finale. Nel 1779 Finale fu elevata al rango di città con decreto ducale e venne inclusa, durante il periodo napoleonico, nel Dipartimento del basso Reno; seguì la Restaurazione ed infine l'annessione al regno d'Italia nel 1860. Verso la fine dell'800 i finalesi decisero il tombamento del letto del Panaro che passava attraverso la città. Alla fine del secolo scorso, con la deviazione del fiume Panaro, Finale muta la sua funzione secolare di città d'acqua e cambia definitivamente il suo aspetto urbanistico ed economico, già da qualche decennio impostato prevalentemente sull'agricoltura. Tale connotazione economica si caratterizzò fino al 1973, anno in cui si avvia la costruzione del Polo Industriale in località Cà Bianca. Fu centro culturale di un certo rilievo, come testimonia la fondazione nel 1593 dell'Accademia dei Fluttuanti, una delle più prestigiose d'Italia e delle due Accademie Musicali nel XVII secolo. Orazio Vecchi, musicista e poeta, morto nel 1605 è il nome più illustre, nel campo della cultura, fra i finalesi.

Note d'arte e di interesse turistico

L'abitato è dominato dal Castello delle Rocche che, fondato al tempo di Teodorico e rinforzato da Matilde di Canossa, venne completamente ristrutturato ai tempi di Nicolò III (1402) prima da Bartolino Ploti da Novara poi, nel 1425, da Giovanni da Siena che da fortezza lo trasformò in residenza signorile. Sul lato nord - est della rocca spicca l'aquila in arenaria, simbolo degli Estensi, ivi collocata nel 1420. Dalla strada, ove un tempo scorreva il fiume, si può vedere l'armonico cortile interno. Famosa, vicino all'antica Porta di S. Lorenzo, la Torre dell'Orologio, un tempo detta dei Modenesi, in quanto eretta da costoro nel 1213; fu ricostruita quasi completamente, nel 1310, per i danni subiti durante gli assalti dei Ghibellini di Modena. A lato della Torre dell'Orologio, troviamo l'unico tratto superstite delle antiche mura medievali. Il Palazzo Comunale, del 1774 è di ottima architettura, la torretta centrale fu costruita a spese di alcuni nobili finalesi, sulla facciata troviamo la statua del protettore del paese S. Zenone; nell'interno una tela raffigurante sempre S. Zenone attribuita a Frà Stefano da Carpi. A breve distanza dal Municipio incontriamo Palazzo Rodriguez, elegante costruzione settecentesca con zoccolo bugnato, e portali in marmo scolpito e, all'interno, affreschi al soffitto e alle pareti. Fra le numerose chiese di Finale ricordiamo: il Duomo, dedicato ai Santi Filippo e Giacomo che conserva l'originale abside quattrocentesca e l'elegante campanile romanico. All'interno troviamo una tela raffigurante S. Francesco del Guercino, un S. Pietro del Cignani e l'adorazione dei Magi del Crespi. La chiesa di S. Agostino, ex sede del seminario Arcivescovile, innalzata nel 1607 era la chiesa delle famiglie nobili di Finale. All'interno conserva: una Madonna col Bambino e S. Lorenzo del Guercino e una tavola con S. Sebastiano e S. Rocco attribuita a Dosso Dossi. La chiesa di S. Bartolomeo, sede della Confraternita della Morte, per mezzo della quale giunse sino a Finale l'eresia luterana. All'interno troviamo: la statua in cotto di S. Bartolomeo che anticamente ornava la facciata, una scultura in marmo raffigurante la Madonna col Bambino ed alcune interessanti tele. In questa chiesa si fermò a predicare Martin Lutero. L'Oratorio di S. Anna, eretto nel 1596 dalla Confraternita della Morte, conserva un bellissimo paliotto della fine del XVII secolo. Elegante la facciata del nuovo Teatro Sociale, dotato di ottima acustica. Interessante anche il museo di Geologia e Paleontologia. Scrive l'abate Cesare Frassoni nelle sue "Memorie del Finale di Lombardia", edito a Modena nel 1778:


"Il Finale di Lombardia, detto volgarmente di Modena,....portò già questo nome in tutto il suo distretto, dall'essere egli fin dalle età lontane l'estremo confine a questa parte dello Stato Modenese, ed insieme l'ultimo terreno, che poneva termine alle circostanti paludi.... Esse paludi alla parte del Mezzogiorno venivangli formate dal fiume Reno; più abbasso verso Levante dal Po,...... ed a Settentrione finalmente dalla Secchia detta Gabellum e dal Panaro, e da altri fiumi che nel Po stesso mettevano foce".

Questa era Finale nei tempi antichi; una città circondata dall'acqua e che da essa traeva lavoro e benessere. Tale caratteristica durò fino alla fine del secolo scorso quando Alfredo Baccarini, Ministro dei Lavori Pubblici dell'allora regno d'Italia, finanziò i lavori per l'interramento del Panaro che attraversava il centro abitato. Lo spostamento del corso del fiume, oltre a cambiare il volto della città, fino ad allora soprannominata la Venezia degli Estensi, a causa dei numerosi canali che la attraversavano, modificò sostanzialmente la sua economia. Persero importanza tutte le attività legate al fiume, dalla pesca al trasporto di merci, anche a causa del progresso della tecnologia, sopratrutto nei mezzi di trasporto, ed acquistarono maggiore peso i lavori legati all'agricoltura, grazie allo sfruttamento intensivo di terreni strappati alla palude nei secoli con imponenti lavori di bonifica. Finale acquistò così la fisionomia attuale, quella di un paese in tutto simile a tanti altri centri della Padania. Se la deviazione del corso del fiume peggiorò l'aspetto di Finale, in compenso migliorò le sue condizioni igieniche sopratrutto eliminò il pericolo rappresentato dalle alluvioni che spesso causavano ingenti danni materiali e la morte di numerosi cittadini. Il Frassoni ricorda le tre alluvioni verificatesi nel 1635 e quella dell'autunno del 1677 che distrusse interamente il Borgo di S. Lorenzo costituito da più di trenta case e dall'Oratorio (si salvò solo il muro che all'interno della chiesa sosteneva la statua del Santo protettore. In questa occasione l'ammiraglio Frassoni intervenne con le barche disponibili per raccogliere i dispersi e portare loro da mangiare). Ricorda inoltre quella del 1770 che, in poco più di un'ora, causò la distruzione di trentaquattro case e di una parte del convento di S. Chiara, che dovette essere abbandonato dalle suore. In seguito a tale sciagurato evento si decise di costruire nuovi muraglioni per rendere più sicuri i cittadini. Il Panaro della Lunga acquistò così l'aspetto che ora possiamo ammirare osservando il plastico in perfeita scala 1:25 esposto nella Chiesa di S. Francesco in occasione della 128a fiera di S. Croce. L'opera (intitolata "Il Castello ed il suo abitato storico nel 1800 - volto antico di Finale") è frutto dell'intelligenza e dell'operosità di un gruppo di alcuni concittadini che hanno dato vita, alcuni anni orsono, al gruppo culturale R 616, e la sua realizzazione ha richiesto lunghi mesi di studio e di lavoro.

Vita col fiume

Anche se fare storia esula dai fini che questo album si propone, è impossibile parlare del Finale e tacere del Panaro, e di conseguenza non si può fare a meno di accennare al quasi millenario rapporto esistente tra i Finalesi e il fiume. Un millennio costellato di tragici episodi di alluvioni e distruzioni, di lotte titaniche di arginature, tagli e imbrigliamenti. I rapporti fra Finalesi e Panaro iniziano, grosso modo, dopo la rotta del Po a Ficarolo nel 1152 quando si pensa di derivare il Panaro, che a quei tempi piegava per le valli a monte di S. Lorenzo, un corso artificiale d'acqua con cui circondare la cinta muraria del Finale: progetto che fu attuato durante il XIII secolo. Pertanto all'altezza di San Lorenzo il fiume si biforca: un ramo, detto Canalvecchio, si perde nelle valli dove si unisce alla Secchia a formare le paludi di Burana; un altro ramo, quello della Lunga, prosegue in direzione nord - est verso Finale, lo circonda e giunge a Bondeno confluendo nel Po di Volano. Anche se temuto per le sue piene, il fiume è uno strumento indispensabile per Finale e i finalesi. E' infatti la principale via di comunicazione tra Ferrara e Modena: Finale, posto sulla metà di tale via, diventa uno scalo di primaria importanza a testimonianza della quale stanno l'Arsenale e un fondaco di mercanti veneziani.

(Sintesi storiche fornite dal dottor Valter Bellei di Finale Emilia)

COMUNE DI RAVARINO

Cenni storici

Il 27 marzo del 2002, è stato celebrato un millennio di storia ravarinese, poiché è appunto in quella data che si legge scritto per la prima volta il nome della località di Ravarino, secondo la documentazione attuale. Si può delineare un breve profilo storico di questo millennio seguendo tre direttrici: l'amministrativa, la produttiva, la bellica. Già dal secolo XIII Ravarino, chiamato pure Borgo Franco ed Orto Vecchio, appare costituito in Comune insieme a Castel Crescente, ma non se ne conosce la data d'istituzione. Il suo territorio era il doppio dell'attuale, poiché occupava tutta l'area tra il percorso medioevale del Panaro e quello del Naviglio di Modena comprendendo nella sua giurisdizione la Palata, Sammartini, le Caselle, i Ronchi e la punta su cui poi sorse Bomporto. Non furono eventi bellici a strappare si vasta porzione di territorio, ma principalmente l'incuria dei suoi primi feudatari. Il 21 settembre del 1321 l'assemblea popolare riunita nella strada davanti alla chiesa decretava la sottomissione di Ravarino al Comune di Bologna, dal quale, tuttavia, si distaccava poco tempo dopo. Il 23 aprile del 1333 Giovanni re di Boemia, reggente l'impero per il figlio, elevava questo Comune a feudo nobile con il nome di Contea di Borgo Franco e Castel Crescente e ne investiva il famoso Dottore Pietro Della Rocca suo medico personale. Appunto i Della Rocca non si curarono troppo di questo loro feudo che pare avessero ceduto ai Rangoni sino dal 1421, ma non s'è trovato il relativo documento. Il 9 settembre del 1453 il duca Borso investiva i Rangoni del feudo di Ravarino, e Castel Crescente; ad essi l'imperatore Massimiliano nel 1511 confermava rinvestitura dando loro amplissimi poteri, compreso quello di vita e di morte. I Rangoni ressero questo feudo sino al 1796 nella forma di governo mediato, cioè con autonomia tale da potersi considerare quasi uno Stato confederato al Ducato Estense. Agli inizi del secolo XIX, durante il dominio napoleonico, il Comune di Ravarino fu aggregato al Comune di Crevalcore. Nel 1806 riacquistò la propria autonomia, ma nel 1810 venne aggregato al comune di Nonantola sotto la cui amministrazione rimase sino all'autunno del 1859 allorquando, in seguito all'unità d'Italia, venne ricostituito. Data la sua posizione geografica, questo territorio fu costantemente oggetto di transiti, di saccheggi, di devastazioni da parte dei più svariati eserciti durante la sua lunga esistenza. Il fatto bellico più memorabile degli scorsi secoli accadde il 22 novembre del 1643, quando le truppe del Cardinale Barberini incendiarono e distrussero il paese e rapirono le campane delle chiese di Ravarino e di Stuffione trasportandole a Bologna dove furono suonate in piazza Maggiore in segno di vittoria.

Cenni storici su Stuffione

Al territorio che, iniziando dal secolo XV, avrà per capoluogo Stuffione del Negro degli Zandelli (1333) furono assegnati come confini ad est la sponda orientale del cavo detto Muzza, a sud la Viazzola, ad ovest e a nord il Canale delle Nevi, cioè il Panaro nuovo. La vita ferveva particolarmente lungo la Muzza e sul Panaro, con il suo passo per Solara che, sino agli inizi del secolo scorso, appartenne sempre a Stuffione. Ritroviamo dal 1021 la importante pieve di Abrenunzio (la Barnonsia), posta lungo la Muzza, con il suo porto, Porto del Lupo, sul Panaro antico che scorreva nei pressi; poco più sotto vediamo la Zinzana (ora il Pilastrello) con i suoi probabili mulini sulla Muzza. La fossa Pudisia o Pugliese o del Secco o Generala, detta poi fossa Rangona, scolava le acque interne del territorio ed ancora nel 1832 gli abitanti di Ravarino e di Stuffione quasi annualmente e da tempo immemorabile ne cavavano il corso pure in territorio bolognese, oltre la Bocchetta per ben 300 pertiche modenesi (metri 939). Dell'antico nucleo di Stuffione, raccolto intorno al primo oratorio del 1509, rimane soltanto la notevole "Cà Longa" ora casa Sighinolfi ed ex sede rangoniana e del bargello perche intorno alla metà del secolo XVIII furono atterrati il palazzo del podestà - pretore con la torre - carcere e la chiesa parrocchiale ed al loro posto s'innalzarono l'attuale chiesa ed il palazzo che vi si oppone. Dal secolo XV sino agli inizi del secolo scorso gli abitanti di Stuffione costellarono sia il paese che le strade principali di decorose e belle case padronali e di casini di villeggiatura: purtroppo in questi ultimi decenni la non conoscenza del valore edilizio posseduto ha deturpato tante notevoli costruzioni con brutte ed anacronistiche tapparelle alle finestre ed insignificanti porte metalliche al posto degli scuri e delle originali porte in legno che erano adornate da eleganti sovrapporta in ferro battuto, testimonianze evidenti di un florido antico artigianato locale. Nel paese ricordiamo la villa Accorsa (ora Montanari), la villa Gelati (ora Soli) deturpata ultimamente da uno stonato portico, il palazzo del Comune di fronte alla chiesa, la bellissima corte con relativo palazzo del dottor Pietro Barbieri (ora Veronesi), il bel palazzo Barbieri verso la fine del paese e tante altre costruzioni padronali che meriterebbero esser intelligentemente riportate al loro stato originale. Lungo la Muzza ancora esistono caratteristiche antiche costruzioni, mentre la riviera del Panaro ci offre la deliziosa "Passerina" ora villa Paltrinieri, il palazzo degli eredi Dareggi, la Moranda, il casino Benucci con il notevole parco, la Levizzana dei Gualtieri, la torre dei Balboni e l'antico cinquecentesco palazzo della Beltrama. Fiancheggiano la strada la villa ora Zucchi, l'ex villa Rangoni, il bellissimo e raro portale dei Veratti (anticamente dei Malagoli o Malaguti). Tanta e si densa documentazione residenziale ci ricorda le molte ed operose famiglie che per secoli diedero lustro a questo paese, tra le più eminenti delle quali furono quella dei Malagoli detti pure Malagodi e Malaguti dalla comune radice Malagò, quelle dei Barbieri e, potenti su tutti per quasi due secoli, i Pedretti. Queste documentazioni dell'opera umana ci riportano pure ad una vita fervente, alle brigate giovanili percorrenti tutte le strade, ora a piedi ed ora con la bicicletta sino agli anni cinquanta di questo secolo. E, a proposito di aggregazione umana, qui a Stuffione già dal secolo XVII si recitavano commedie; qui nel 1950 la locale filodrammatica recitò un dramma il cui titolo sembrava presagire il destino del paese: "Partire è un poco morire". Da lì a poco infatti, tanti e tanti partirono verso le città e le officine e Stuffione restò appunto disadorno di gioventù e di vita.

(Da un catalogo del Comune)

COMUNE DI MODENA


Città dell'Emilia (m. 34 ab. 180.496), capoluogo della provincia omonima; è situata sulla via Emilia (che la divide in due parti pressoché uguali), tra Reggio e Bologna, nella pingue pianura padana, dove i corsi della Secchia e del Panaro si avvicinano a pochi Km l'uno dall'altro. Modena, oltre che nodo ferroviario (Milano — Bologna, Modena — Mantova e diverse linee secondarie), è centro di industrie siderurgiche, meccaniche (automobili da corsa, accessori d'auto e carrozzerie speciali, trattori, laminati), chimiche (fertilizzanti), alimentari (conserve, salumi, olio, ecc.), nonché uno dei maggiori mercati agricoli della regione. Come altre città della pianura padana, Modena fu un centro neolitico, abitato dai Liguri, successivamente dagli Etruschi. Divenne quindi città dei Galli Boi, come Bologna, e, nel 183 a.C., colonia romana. Per la sua posizione geografico - militare, fu teatro di avvenimenti importanti fin dall'epoca romana. Al tempo della guerra civile tra Marco Antonio e i senatoriali, il cui esercito era agli ordini dell'uccisore di Cesare, Bruto, Modena divenne fortezza di quest'ultimo e fu due volte, ma inutilmente (nel 44 e nel 43) assediata da Marco Antonio. Contesa tra i Longobardi e Bizantini, entro a far parte dei domini longobardi, durante il cui governo decadde e fu sostituita da un centro vicino (Città Germaniana, Cittanova), mentre Modena rimaneva la sede del vescovato. Dopo il dominio longobardo la città risorse e nel sec. IX fu importante fortezza, con numerosi privilegi, mentre il potere politico passò da Cittanova ad essa, e cioè al vescovo, che esercitò la funzione di conte di Modena. Dal sec. XI cominciano a figurare gli ordinamenti comunali: vescovi e autorità comunali si trovano all'inizio alleate, al fine di accrescere la potenza della città. Verso la metà del sec. XII Modena sostenne una lunga lotta contro Bologna, per il possesso dell'abbazia di Nonantola, che ebbe conclusione sfavorevole per Modena (1156). Dopo questa guerra i già tesi rapporti tra vescovo e comune peggiorarono, e il vescovo dovette cedere molti diritti e privilegi. Dapprima filoimperiale, all'epoca del Barbarossa, aderì poi alla Lega Lombarda (nel 1168). Superato il pericolo del dominio imperiale, ripresero le contese con Bologna e Reggio. Alleata di Federico II contro i bolognesi, li vinse nel 1229 e nel 1239; fu però travolta dalla vittoria bolognese della Fossalta (1249). Seguì un periodo di subordinazione ai Bolognesi e di supremazia del partito guelfo. Le intricate guerre tra le varie famiglie nobiliari cittadine e foranee si conclusero con l'affermazione di Obizzo d'Este di Ferrara, cui, nel 1288, venne offerto il dominio della città. Nel sec. XIV, dopo un breve periodo in cui fu ristabilito il governo popolare, Modena passò sotto il dominio di Passerino dei Bonaccolsi, che vinse i Bolognesi nel 1325 (la famosa battaglia detta della "secchia rapita"). Nel 1336 si ristabili il dominio estense e da allora la città fece sempre parte di questo dominio. Nel 1796 - 1797 entro a far parte della repubblica Cispadana, nel 1797 - 99 della repubblica Cisalpina, poi, fino al 1814, della repubblica Italiana e del regno d'Italia. Con il congresso di Vienna fu annessa ai domini degli Asburgo - Lorena d'Este, contro i quali (era duca Francesco IV) la città si ribellò nel 1831 (Ciro Menotti), ma con esito negativo; nel 1848 il governo ducale fu nuovamente rovesciato, per essere ristabilito dopo l'infelice conclusione della 1o guerra d'indipendenza. Col plebiscito del 1860 la città venne definitivamente ricongiunta all'Italia. Ben poco rimane a Modena dell'antico centro romano mentre la città conserva intatta la topografia centrale risalente alle età medievale e rinascimentale, specie nelle antiche e strette vie fiancheggiate dai portici. La città, a lungo rimasta stretta nelle mura erette verso la fine del sec. XV da Ercole d'Este, distrutte all'inizio del nostro secolo, si è successivamente allargata in ogni direzione con quartieri residenziali moderni che contrastano col centro ancora architettonicamente antico. Monumenti più illustri dell'abitato, sono quelli che si affacciano sulla Piazza Grande: il palazzo municipale e specialmente il duomo ( dedicato al patrono della città S. Geminiano), capolavoro del romanico italiano, la cui costruzione durò dalla fine del sec. XI al XIII ( è ornato da splendidi rilievi di Willigelmo e della sua scuola e, nell'interno, da dipinti di illustri maestri locali) ; a flanco del duomo è la bellissima torre della Ghirlandina, alta m 87, esempio insigne d'architettura lombarda. Altri edifici religiosi di Modena sono la chiesa di S. Pietro (del sec. XV) e quelle di S. Giovanni Battista e di S. Agostino. Tra gli edifici profani notevole il palazzo ducale, già sede della corte Estense, iniziato per ordine di Francesco I d'Este dal romano Avanzini. In esso ha sede l'Accademia Militare, continuatrice della scuola militare di fanteria e cavalleria qui sistemata sin dal 1859. Importante l'università, che deriva dall'antico studio fondato a Modena fin dal sec. XII, quindi riaperta nel 1632, poi ancora nel 1774 ed infine resa statale nel 1923. Tra i centri culturali un posto di primo piano hanno sia la galleria Estense, una delle maggiori raccolte artistiche d'Italia, ricca di opere d'arte italiane e straniere, sia la biblioteca Estense, qui trasferita da Ferrara nel 1598, che possiede inestimabili codici miniati (quali la celebre Bibbia di Borso d'Este), incunaboli, l'autografoteca "Campori", l'archivio muratoriano. Da ricordare infine la biblioteca comunale "L. Poletti", che raccoglie specialmente volumi di storia dell'arte e la biblioteca universitaria, specializzata in opere di storia naturale. A Modena ha pure sede un archivio, la cui fondazione risale al 1271.

Ducato di Modena


I dissensi sorti in campo guelfo indussero le nobili famiglie modenesi di questa parte ad offrire il dominio della città ad Obizzo d'Este, signore di Ferrara, che accettò nel 1288. I più notevoli tra i successori furono: Azzo III, Niccolò III, che dall'imperatore Sigismondo ebbe l'investitura (1433) dei propri domini e della Garfagnana, il dotto Leonello Borso, a cui l'imperatore Federico III elargì (1452) il titolo di duca di Modena e di Reggio, il famoso Alberto I, protettore dell'Ariosto e infine Alfonso II con cui (1597) si spense la linea principale degli Este. In seguito, avendo la Curia rivendicato a sé Ferrara , considerata feudo della chiesa, Cesare d'Este cugino di Alfonso, trasferì nel 1598 a Modena la capitale dei suoi Stati. Tra i successori residenti in Modena ricordiamo: Francesco I (m. nel 1658), dotto e splendido, iniziatore della fabbrica del palazzo ducale; Rinaldo (m. nel 1737), che accrebbe i domini estensi con l'acquisto di Mirandola; Francesco III (m. nel 1780), principe riformatore, dalla cui opera il ducato ricavò grandi beneficí. Dopo la caduta di Napoleone essendosi spento il ramo maschile di casa d'Este, il ducato fu trasferito al figlio di Ferdinando arciduca d'Austria, e di Maria Beatrice Ricciarda III d'Este, Francesco IV d'Austria, che, alla morte della madre, (1830) aggiunse ai suoi domini anche il ducato di Massa. Al ducato di Modena Francesco V, nel 1848, unì quello di Guastalla, Fivizzano ed alcune terre del Parmigiano. Gli Estensi abbandonarono nel 1859 Modena ed il ducato, che, con plebiscito del 12 marzo 1860, decretò la propria annessione al regno d'Italia.

(Dall'Enciclopedia Compact De Agostini e dall'Enciclopedia Modenese di G. Silingardi e A. Barbieri)


COMUNE DI SASSUOLO

Cenni storici


Il toponimo sembra derivare dalle antiche sorgenti di "Olio di sasso" (petrolio) che anticamente abbondava nella zona. Molti studiosi preferiscono però accreditare la tesi che fa derivare il toponimo dall'insediamento di un primitivo nucleo di abitanti su di una motta (piccolo rialzo del terreno, isolato), emergente su un territorio occupato dal letto del fiume Secchia allora molto ampio in quel punto. Vuole anche la leggenda che i cittadini di "Sichenia", città ligure distrutta da Annibale verso il 200 a.C, si siano rifugiati nei pressi di un antico forte romano, circondato dalle acque del Secchia, costruito su un enorme masso di pietra che unico si elevava dalle paludi. Il luogo fu indicato come "Saxo - solo", da cui, per modifícazione successiva, Sassuolo. E' comunque documentato che nell'alto Medio Evo Sassuolo fu bizantina, posta sotto la giurisdizione di Veralubio. Nel 1035 passò al Vescovo di Parma e quindi nel 1039 venne ceduta al Marchese Bonifacio di Canossa, alla cui famiglia rimase fino alla morte della celebre Matilde. Nel 1078 i Consoli di Sassuolo giurarono fedeltà al Comune di Modena. Divenuta signoria della potente famiglia Da Saxolo o Della Rosa nel 1284, fu fortificata durante la lotta tra Guelfi e Ghibellini ma tre anni dopo fu completamente distrutta. Nel 1288 venne comunque ricostruita. Passata agli Estensi nel 1373 per volontà degli stessi abitanti, ottenne il diritto di estrarre l'acqua dal fiume Secchia. Successivamente fu scavato il canale di Sassuolo sul quale venne costruito il primo mulino di proprietà signorile. Sotto gli Estensi furono anche ampliati il Castello e il Borgo, tanto che nel 1360 risultavano già esistenti due chiese, di cui la più antica dedicata a Santa Croce e poi a San Francesco, mentre l'altra a S. Giorgio (protettore). Tra il 1436 e il 1444 Niccolò III e Lionello d'Este diedero avvio ai lavori di trasformazione della Rocca fortificata distinta dal Borgo. I lavori proseguirono sotto Borso d'Este fino al 1495 e furono completati con la costruzione interna alla Rocca di un palazzo ornato di torri con logge completamente affrescate. Il 16 luglio 1499 Duca Ercole I d'Este cedette , in cambio di metà delle terre di Carpi, il territorio di Sassuolo a Giberto Pio: iniziò così la signoria Pio che terminò solo nel 1529 con l'assassinio dell'ultimo signore. I signori Pio completarono la trasformazione del castello in residenza, adattandolo a sede della nuova corte. Così pure il Borgo fu modificato e furono costruite l'attuale Piazza Grande (Piazza Martiri Partigiani) e Piazza Garibaldi (Piazza dell'Orologio). A lato della Piazza Grande venne poi eretta la famosa Guglia. Gli Estensi, ritornati signori di Sassuolo, con Cesare Este e Francesco I d'Este la scelsero quale sede della villeggiatura estiva della corte ducale; scelta che determinò la trasformazione della Rocca in grandioso Palazzo. Sotto la dominazione Estense la città visse il suo periodo più splendido, sia dal punto di vista del commercio (industria della seta, della lana, ecc.) sia dal punto di vista artistico (ceramiche e la costruzione del palazzo ducale che riunì nella cittadina numerosi artisti sia italiani che stranieri). Nel 1860 divenne Comune del Regno d'Italia.



Nota araldica

Descrizione dello stemma:

"Di rosso a tre monti d'argento sopra un piano ondulato al naturale, cimato da due narcisi pure al naturale. Lo scudo e gli ornamenti dovranno essere quelli regolamentari, la corona quella di nobile".




Il Comune venne insignito del grado di nobiltà da Francesco III, con rescritto del 19 maggio 1753.


(Dal catalogo "Sassuolo" edito dal Comune)


COMUNE DI MONTECRETO

Cenni storici


Il primo documento che si occupa di Montecreto risale al 1205 quando il castello "rocca fortissima con una torre" appartenente alla famiglia dei Gualandelli partecipò con tutto il Frignano alla dedizione al podestà di Modena Salinguerra. La munitissima rocca di Montecreto, inespugnabile, sorgeva sulla sommità del rilievo roccioso che dominava da un lato il paese e dall'altro la vallata del fiume Scoltenna; l'erta via Castello costeggiata da spesse mura, conduceva all'area di antica ubicazione del maniero; i resti dell'antico torrione, trasformati nel settecento in torre campanaria, testimoniano nella massiccia struttura la funzione originaria di torre difensiava. Ancora oggi, il complesso monumentale costituito dalla torre, dalla canonica e dalla chiesa, pur presentando sostanziali modifiche, conserva il carattere forte ed austero della fortezza di montagna. Il complesso conventuale eretto nella seconda metà del cinquecento, oltre a rappresentare un notevole esempio di architettura religiosa (parzialmente deturpato negli anni 50), ha inglobato nelle sue parti perimetrali consistenti lembi della mura appartenute alla scomparsa rocca dei Gualandelli (risalente al XII secolo). Attualmente il versante esterno del recinto pertinente all'area cortiliva del complesso conventuale è racchiuso da alte mura al cui interno è costruita l'edicola contenente il cosiddetto "Calvario", in cui è alloggiato un raro crocefisso corredato di tutti gli strumenti che simboleggiano la Passione di Cristo. Il centro storico di Montecreto ed in particolare l'intera via Castello, con le sue corti, i portali scolpiti, le logge (nonostante le manomissioni subite negli scorsi decenni), è quindi da considerarsi come un significativo esempio di strada fortificata medievale.

Cenni storici su Acquaria

All'inizio del XIII secolo, già Comune autonomo, si assoggettò a quello ben più importante di Modena. Quando la città passò sotto il dominio Estense, Acquaria venne a far parte della provincia di Sestola finché, nel 1657, divenne proprietà del conte Giovanni Codebò. Un secolo più tardi, dopo una breve parentesi che la vede di nuovo dipendere da Sestola, viene concessa al milanese conte Antonio Maria Sacchi, alla cui morte, avvenuta nel 1788, il paese ritorna alla Camera ducale e viene definitivamente inserito nella provincia frignanese. Quasi tutto il suo patrimonio artistico è racchiuso nella chiesa parrocchiale. Essa venne costruita nel 1622 e successivamente subì una serie di restauri. A quel tempo riuniva sotto di sé gli oratori di Vernese e di Boccaferrata, poi distrutti da frane, e di Rovinella, tuttora esistente. L'opera più pregevole conservata nella chiesa è il crocefisso in legno policromo del XIII secolo, mentre l'oratorio di Rovinella, situato nell'omonima frazione, è dedicato alla Natività di Maria, la cui festa ricorre l'8 settembre. Sempre in campagna, non lontano da Rovinella, si trova l'oratorio privato del Castello (1750) oggi difficilmente visitabile.


(Da "Montecreto" terra ricca di storia. Edito dal Comune)


COMUNE DI FORMIGINE

Cenni storici


La storia del popolamento del territorio formiginese ha radici molto antiche. Le prime testimonianze risalgono al Neolitico (VI - IV millennio a.C.), con il rinvenimento di due villaggi: Villa Gandini a Formigine e Cantone a Magreta. In quest'ultimo sono presenti anche due sepolture ad inumazione. Meno conosciuta è l'età del rame (III millennio a.C.) attestata con una sepoltura ad inumazione, scoperta a Casinalbo, e alcuni rinvenimenti sporadici: punte di freccia e accettine litiche. L'età del bronzo (III millennio a.C.) è il periodo meglio documentato: con otto insediamenti muniti di argini e fossati (terramare) rinvenuti a Casinalbo, Tabina, Colomabarone, Cappuccina, via Viazza, Cà del Vento, Fondo Colombaia e Corlo; con una necropoli ad incinerazione a Casinalbo e alcuni abitati minori (fattorie). Dopo alcuni secoli di abbandono e di spopolamento, tra la fine dell'età del bronzo e l'inizio dell'età del ferro (XII - XI sec a.C.), il territorio di Formigine comincia a ripopolarsi con l'arrivo di popolazioni etrusche (VII - IV sec. a.C.), che si stanziano, attratte dalla fertilità del territorio, in un villaggio a Magreta (podere Gazzuoli) e in numerose fattorie sparse per la campagna formiginese. Una forte contrazione del popolamento è documentata durante il periodo celtico (IV - III sec. a.C.), epoca caratterizzata dalla presenza di alcune fattorie documentate soprattutto nel territorio di Magreta. Con la colonizzazione di età romana, a cominciare dal II sec. a.C., si diffonde una fitta rete di insediamenti rustici, distribuiti all'interno di un territorio pianificato con un reticolo di strade, canali e fossati (centuriazione). Vicino a molti insediamenti rustici sono presenti impianti produttivi per la fabbricazione di ceramica e laterizi. Un importante centro produttivo di ceramica, statuaria fittile, lucerne e laterizi era presente a Gazzuoli di Magreta nell'area dei Campi Macri, dove si svolgeva una grande fiera - mercato di ovini. Nella zona è documentato un accampamento militare, dove alloggiavano tre eserciti consolari, mandati a Modena per sottomettere le popolazioni liguri. Il passaggio dall'età romana al Medioevo (X - XV sec. d.C.), le presenze archeologiche, si riferiscono ad una villa e ad un casale, attestati rispettivamente a Corlo e a Colombaro, e due castelli, a Formigine e Magreta, i cui resti più antichi, sono venuti alla luce grazie alle recenti indagini archeologiche. Di questi ed altri insediamenti medievali si trovano riscontri nelle fonti documentarie a cominciare dal X secolo (Villa di Macreta per Magreta, Villa di Curlo per Corlo, Casale Albini per Casinalbo, loco Formidine per Formigine). Nel XII secolo vi sono riferimenti al Castello di Magreta, con le chiese di S. Faustino e S. Maria, alla località Stradella, al casale Sidimari e Colombaro con la pieve ed il convento. Nel XIII secolo vi sono invece riferimenti al Castello di Formigine, costruito, verosimilmente, attorno ad un preesistente abitato, sorto alla vicina romanica chiesa di S. Bartolomeo, le cui fondamenta sono state identificate nei recenti scavi archeologici. Ai piedi della pianura modenese sulle prime pendici collinari si estende il territorio di Formigine, delimitato da due corsi d'acqua: il fiume Secchia e il torrente Tiepido. L'acqua da sempre è una della principali fonti di ricchezza di questo territorio: fiumi e canali fin dalla preistoria costituirono i principali assi di comunicazione, sostituiti completamente solo in epoca moderna dalla viabilità stradale. Lungo le rive dei canali, che hanno segnato il disegno urbano, sorgevano importanti attività produttive, quali mulini e cartiere. Celebre infatti fin dal 1475 era il "Follo da carta di Formigine", prodotto negli stabilimenti del vicino borgo di Casinalbo, e lungo il canale Corlo, sulla strada delle Radici, è ancora visibile il Mulino di Corlo, una struttura quattrocentesca in ciottoli rifatta in cotto nel Seicento. Lo sviluppo del borgo di Formigine tuttavia è legato prevalentemente alla edificazione del castello, costruito dal Comune di Modena intorno al 1201 come presidio a difesa della frontiera reggiana insieme al castello di Marzaglia. Intorno alla fortezza si formò l'abitato, che già nel Trecento aveva raggiunto una certa consistenza. Varie forze politiche se ne contesero il controllo. All'inizio del Trecento il castello si arrese a Francesco Pico, prelato popolare, il quale lo affidò alla famiglia Adelardi, che lo tenne fino al 1394. L'anno successivo il marchese Nicolò III d'Este concesse il feudo di Formigine a Marco Pio, signore di Carpi. Durante la signoria di questa influente famiglia il castello e il borgo furono interessati da numerose iniziative edilizie e decorative che restano ancora percepibili negli impianti attuali. Al culmine della espansione dello stato del Pio, tra la fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento, Formigine fu eletta a sede podestarile, insieme a Sassuolo, Spezzano, Brandola e Soliera. Nel 1599, dopo l'assassinio di Marco II Pio sotto il cui dominio la famiglia aveva raggiunto il massimo splendore, gli Estensi ripresero il diretto controllo di Formigine. Dalla fine del Cinquecento avrà inizio un progressivo decadimento dell'abitato di Formigine, ormai al margine degli interessi ducali, tanto da essere definito già alla fine del secolo "bicoccola". Per questo il duca Francesco I verso la fine del 1648 cedette il feudo al marchese di Fusignano Mario Calcagnini, Maggiordomo Maggiore e Consigliere di Stato dello stesso duca. Il Settecento fu un secolo che determinò una svolta nella storia di Formigine. I precari equilibri politici e i continui scontri tra gli eserciti dei più potenti Stati europei resero necessario per lo Stato estense il rafforzamento delle vie di comunicazione tra Modena e l'Italia Centrale. Tra il 1738 e il 1752 fu aperta la via Vandelli, così denominata dal nome del suo progettista, il matematico Domenico Vandelli, che collegava la capitale del ducato con Massa e dunque con il mare. Il suo tracciato, disagevole e inadatto persino al traffico dei carri, fu rifatto pochi decennio dopo da un allievo del Vandelli, Pietro Giardini. La "Nuova Grande Strada per la Toscana", inaugurata nel 1776, apri nuove prospettive economiche e politiche per il ducato, ma anche il territorio di Formigine ne ebbe diverse conseguenze. La strada ridisegnò l'urbanistica del borgo nel segno delle forme attuali, tagliando in due l'antica rocca e separando il nucleo antico del paese dai borghi orientali.


(Da "Storia di Formigine " della Biblioteca del Comune)


COMUNE DI MARANELLO

Cenni storici

Maranello si trova a circa 18 km a sud di Modena sulla strada provinciale N.3 conosciuta anche come Via Giardini. E' un comune della fascia pedemontana. E' parte del comprensorio ceramico insieme ai comuni di Sassuolo e Fiorano modenese. Il centro abitato del capoluogo è stretto fra le prime asperità che conducono all'Appennino Emiliano e la pianura occupata da campi e industrie. Colpisce il visitatore un paesaggio per certi versi inverosimile: i calanchi e le ciminiere, i boschi e le enormi distese di piastrelle, l'agricoltura e l'allevamento che si confrontano e convivono con l'industri più avanzata. Zona di produzione dell'aceto balsamico e del parmigiano reggiano, Maranello ha una storia che va molto indietro nel tempo. Ritrovamenti archeologici documentano tale storia almeno dall'età del bronzo (1800 - 1000 a.C.) ma con numerosi reperti anche di epoche molto precedenti. Con certezza si sa che vi furono insediamenti di popolazioni di estrazione ligure (Ligures friniates) e che le legioni romane che stavano via conquistando l'Italia le assoggettarono tra il 189 e il 179 a.C.. La conferma della presenza romana si trova ancor oggi in una delle strade principali che attraversano il paese e che si chiama Via Claudia: era un antico percorso forse di epoca etrusca, alternativo ad una tratto della via Emilia che venne sistemato dal console Claudio il quale vi legò il suo nome. Di grande importanza è stata la scoperta nel 1987 in località Torre delle Oche dei resti di una fornace di epoca romana: da allora sono stati completati gli scavi che hanno portato alla luce l'intero impianto con numerosi reperti tra cui due anfore. Il materiale rinvenuto è esposto nel Museo Archeologico presso il Palazzo dei Musei in Largo Sant'Agostino a Modena. Il nome Maranello deriva con ogni probabilità dal fatto che vi si insediò una famiglia di Marano (un comune confinante a Sud), gli Araldini o Arardini, che vi costruì il castello, tuttora esistente, dopo la ricostruzione seguita al terremoto del 1501. Le case intorno al castello costituiscono il borgo chiamato Maranello vecchio. Dopo alterne vicende il maniero fu acquistato nel 1936 dal professor Giuseppe Graziosi, pittore e scultore di fama, che vi lavorò e vi abitò. Il castello appartiene oggi a privati. La già citata via Giardini, ex statale dell'Abetone, ha assunto una grande importanza logistica perché questa è la strada che passa davanti allo stabilimento della Ferrari. Voluta dal duca Francesco III per unire il ducato di Modena con il Granducato di Toscana e favorire così lo sviluppo economico e sociale del paese, venne iniziata nel 1766 e terminata in dieci anni: si trattava per l'epoca di una impresa gigantesca, con una lunghezza di quasi cento km in territorio modenese, dal capoluogo al confine toscano. Sul percorso erano dislocati stazioni di posta, osterie, fontane, posti di ricovero e ristoro per i viaggiatori, una vera autostrada ante litteram. Il progetto e la direzione dei lavori vennero affidati all'ingegnere Pietro Giardini che impiego nell'impresa 3.000 operai. Il duca, entusiasta del risultato, diede alla strada il nome del suo realizzatore. Grazie a questa strada e per la sua collocazione ai piedi dell'Appennino Tosco Emiliano, Maranello ha acquistato per i Modenesi la fama di un posto buono per la villeggiatura. All'incrocio tra la via Giardini e la via Claudia si è sviluppato il paese come lo conosciamo oggi e che per molti anni è stato chiamato Maranello nuovo. Oltre al nucleo centrale, il Comune di Maranello è formato anche dalle località di Pozza, Gorzano, Torre Maina, Torre delle Oche, San Venanzio e Folignano. Il 1o febbraio del 1931 venne concesso al Comune il diritto di far uso dello stemma comunale. Nel decreto di concessione si legge così:

"D'argento all'albero di pero fruttato al naturale, nodrito su pianura verde, alla vite fruttifera di nero accollata all'albero".

L'albero rappresenta la forza del Comune, le pere e l'uva il carattere agricolo del territorio, l'albero che affonda le radici nel prato sta ad indicare la fertilità della zona; la corona l'Autonomia del Comune (nel marzo 2000 è stato posizionato nella centrale Piazza Libertà un mosaico che riproduce lo stemma del Comune di Maranello. Si tratta di un'opera del maestro Montanari che ha utilizzato 16.000 pezzi di marmo e pietre semi-preziose, quasi uno per ogni abitante di Maranello, provenienti da diversi Paesi del Mondo a testimoniare l'apertura di Maranello verso gli altri).

(Dal libro "Maranello" di Carmen Galloni e Silvano Saragni. Edito dal Comune)


MARANELLO E FERRARI

Enzo Ferrari a Maranello

La storia della Ferrari e di Maranello sono fortemente legate da più di 50 anni. Enzo Ferrari iniziò dapprima un'attività alternativa all'automobile in forza del contratto con l'Alfa Romeo, seguita dalla creazione del nuovo marchio Auto Avvio Costruzioni nella sede tradizionale della Scuderia Ferrari in Via Trento e Trieste a Modena. Nel 1943 la guerra costrinse Ferrari a spostare la fabbrica fuori Modena. La scelta cadde su Maranello dove Enzo Ferrari già possedeva uma casa colonica e un qualche appezzamento di terra. Il decentramento, seppur imposto da leggi di guerra, fu un'operazione che lo stesso Ferrari vedeva di buon occhio perché faceva parte del suo progetto globale che era quello di diventare costruttore di auto da corsa: la zona in cui aveva acquistato il terreno e dove avrebbe stabilito la sede della Scuderia Ferrari a Modena nel 1923 era periferica (con alcuni stallaggi per cavalli da tiro) ma all'inizio degli anni quaranta stava ormai diventando quasi centrale ed oggi è a fianco della centralissima Piazza Garibaldi. Cominciava ad essere evidente che sarebbero stati assai dificili eventuali ampliamenti, oltre a quelli già realizzati con l'acquisto di piccoli lotti vicini. Il problema semmai era decidere di quanto allontanarsi dal centro della città. Quanto alla scelta di Maranello si potrebbe definire una "seconda scelta" poiché in realtà la ricerca del terreno adatto si era svolta inizialmente nel vicino Comune di Formigine. Ma la trattativa si interruppe, e così Ferrari, con i buoni uffici dell'allora Podestà di Maranello Giuseppe Ferrari Amorotti, seppe della possibilità di acquistare un terreno nel Comune di Maranello contiguo a quello che Ferrari già possedeva, e precisamente quello denominato "Fondo Cavani" di proprietà dei coniugi Dante Colombini e Augusta Bertani Colombini: alla loro figlia Fernanda si debbono le informazioni che hanno permesso di risalire alle origini della storia. Ci fu un primo, poi un secondo encontro per definire i dettagli economici e quindi, come si usava allora tra galantuomini di campagna, le trattative vennero concluse da una stretta di mano e festeggiate con una sostanziosa cena preparata dalla signora Augusta, conosciuta come ottima cuoca. Il tutto deve essere avvenuto prima della fine di novembre del 1942: infatti già il 30 novembre su carta intestata della ditta Auto Avio Costruzioni Scuderia Ferrari di Modena ed il 3 dicembre su carta da bollo di Lire 6 il titolare Enzo Ferrari presentava la prima richiesta di licenza edilizia al Podestà di Maranello per impiantare un capannone metallico prefabbricato nella sua proprietà, appunto il "Fondo Cavani". Con lodevole tempestività il Podestà concedeva l'autorizzazione il giorno 4 dicembre e questo è fatto iniziale della lunga serie di avvenimenti che hanno portato all'impianto attuale. C'è da notare che in quel momento non si parlava ancora di industria meccanica (che stava a Modena). Il legame di Maranello con la Ferrari è universalmente riconosciuto essendo Maranello un vero e proprio polo di attrazione per i tifosi ferraristi che qui vengono alla ricerca delle radici del mito. Simbolo di questo legame è la Ferrari 550 Maranello, un'automobile da più parti indicata come la più bella Ferrari in circolazione e che detiene il record mondiale di velocità sull'ora. Prima il 50° Ferrari, ma ancora di più il 100° anniversario della nascita di Enzo Ferrari, hanno richiamato a Maranello migliaia di turisti, molti di questi appassionati ferraristi. Maranello è conosciuto nel mondo come "casa" della Ferrari e , per questo motivo, è il luogo dove gli appassionati si danno appuntamento per festeggiare i successi e condividere le emozioni della Formula 1; dal 1997, in occasione dell'ultimo Gran Premio della stagione, il Comune di Maranello ha predisposto maxi-schermi per la visione pubblica della gara, occasione di festa popolare. Nell'ottobre 2000, per la vittoria dei mondiali piloti e costruttori da parte della Ferrari, a Maranelio si sono radunate circa 50.000 persone. Ogni domenica di Gran Premio l'Auditorium Enzo Ferrari, per volontà dell'amministrazione, ospita i tifosi anche stranieri che possono assistere gratuitamente alla diretta della gara.

COMUNE DI PAVULLO NEL FRIGNANO


La storia


La storia più antica di Pavullo risale all'insediamento dei Liguri Friniati (Friniates), un popolo che occupò il Frignano in epoca antichissima e lo dominò per quasi tremila anni. Dopo alterne vicende e aspre lotte i Friniates furono sottomessi dai Romani, i quali si stabilirono nella zona centrale del Frignano, nel Castro Feronianum, un insediamento militare attestato a monte dell'odierna Pavullo, tra le località di Poggiocastro, Torricella e Monteobizzo. Dopo la caduta dell'Impero Romano (476 d.C.), il Frignano divenne terra di conquista da parte dei Bizantini, di Longobardi, della contessa Matilde di Canossa, di signorotti feudali e anche di briganti. Pavullo, soltanto a partire dal 1027 con la famiglia dei Corvoli (poi Da Frignano) di cui certo Gherardo figura in un atto di donazione (1103) del vescovo Dodone; con l'erezione dell'ospedale di S. Lazzaro e l'apertura di un proprio mercato diventa un centro di interesse pubblico. In epoca medioevale, la storia di Pavullo si lega strettamente a quella della potente famiglia dei "De Montecuccolo" che nel 1212 ebbe l'investitura dell'imperatore Ottone IV sui domini del Frignano. Da Guidinello Montecuccoli, capo dei Ghibellini (1269) a Gasparo (1394), si giunse a Cesare che nel 1445 ottenne il titolo di Conte. Morto Cesare nel 1505, il castello restò al figlio Frignano che sposò Camilla Pico dalla quale ebbe tre figli: Andrea, Federico e Galeotto. Quest'ultimo (1570 - 1619) divenne padre di undici figli fra i quali il famoso Raimondo che, nato nel 1609, a soli 16 anni intraprese la carriera militare nell'esercito degli Asburgo d'Áustria compiendo una folgorante carriera tanto che all'età di 33 anni venne nominato generale e poi feldmaresciallo. Nel 1664 una coalizione di stati dell'Europa occidentale promosse Raimondo feldmaresciallo generale con l'incarico di cacciare dai Balcani gli invasori musulmani. Il comandante pavullese, alla testa di 26.500 soldati, ben addestrati ed adeguatamente armati, affrontò sul fiume Raab in Ungheria, l'esercito turco, composto da 120.000 uomini, sconfiggendolo e mettendolo in fuga. Raimondo non fu soltanto un generale condottiero, ma anche un uomo di vasta cultura. Si interessò di tutto lo scibile: dall'arte bellica alla letteratura, dalla filosofia alla teologia, dalla matematica all'astrologia. Si spense in Austria nel 1680. La dinastia si estinse nella seconda metà del secolo XVIII. Il Castello di Montecuccolo, a 6 km da Pavullo, ormai completamente restaurato, ogni anno è meta di numerosi turisti fra i quali molti provenienti dall'estero. Pavullo, a perenne ricordo di una identità storica, porta nello stemma comunale l'aquila dei Montecuccoli e il loro motto: "Prisca Fides". Pavullo grazie alla costruzione della via Giardini (aperta nel 1786) ebbe una notevole crescita che continuò anche dopo il 1832, quando diventò capoluogo del Frignano sostituendo Sestola. Nello stesso anno il duca Francesco IV fece costruire una sua residenza estiva, l'odierno Palazzo Ducale. Furono questi gli ultimi anni del dominio Estense che ebbero, però, grande rilievo per Pavullo: divenne sede della Sottoprefettura del Tribunale del Circondario, assurgendo, così, al rango di "Capoluogo" di una provincia Estense. Con l'unità d'Italia Pavullo perderà questa prerogativa, ma conserverà quella di capoluogo del circondario sino al 1926. Nel 1994 Pavullo è stata insignita del titolo di "città".

(Dal libro "Pavullo nel Frignano". Territorio e beni culturali. Ed. Il Bulino 1983)


DUCATO DI MASSA E CARRARA

Cenni storici

Stato appartenente in antico, col titolo di marchesato, ad un ramo della casa Malaspina, ma passato, in seguito a matrimonio, alla famiglia Cybo di Genova (1519), sotto la quale venne elevato a principato (1568) e quindi a ducato (1605). Nel 1741 pervenne al duca di Modena, in conseguenza delle nozze di Maria Teresa, unica figlia dell'ultimo discendente di Cybo, con Ercole Rinaldo d'Este, principe ereditario di Modena, che lo tenne sino alla morte (1803). La figlia Maria Beatrice, avendo sposato nel 1771 l'arciduca Ferdinando, figlio di Francesco I, portò alla casa d'Austria l'eredità dei Cybo e degli Este. Durante il periodo napoleonico il ducato fu assorbito dal Regno d'Italia e formò gran parte del dipartimento del Cròstolo. Incorporato al ducato di Lucca e Piombino, Napoleone lo donò (1806) come feudo francese, alla sorella Elisa Baciocchi e nel 1809 lo attribuì al Regnier, a cui conferì il titolo di duca di Massa Carrara. Nel 1815 il ducato fu restituito alla duchessa Maria Beatrice, erede della casa d'Este e Cybo; alla sua morte (1829) passò al figlio Francesco IV, duca di Modena e venne aggregato agli stati estensi.(Dall'Enciclopedia Motta)



L'arma dei Bellei





Nota araldica

Taluni Bellei di Modena, in carriera militare nelle milizie ducali sin dal 1607; il notaio Domenico Bellei, nominato dal duca Francesco III Commissario di Guerra della Bassa Provincia del Frignano, unitamente ai tre sacerdoti (discendenti dei primi due Capitani Bellei inviati ad Acquaria) rettori della Parrocchia del luogo dal 1640 al 1733, hanno ispirato i simboli posti sullo stemma e cioè:

- L'elmo: distingue le famiglie nobili quando è argentato, posto di tre quarti a destra con la ventaglia chiusa sugli occhi, la bavaglia aperta e la gorgiera (parte dell'armatura che protegge la gola del cavaliere) fregiata di una collana con medaglia.

- Le tre stelle a cinque punte: simboleggiano la mente rivolta a Dio, la fermezza d'animo, la fama e la nobiltà dei tre sacerdoti avanti citati.


-L'albero terrazzato su terreno verde: simboleggia i pensieri diretti a imprese gloriose.


-I due leoni rampanti: simboleggiano il coraggio, l'animo nobile, la gratitudine e il vincitore clemente.


(Dizionario di Araldica di Lorenzo Caratti di Valfrei - Ed. Mondadori)


Considerazioni

Ho fatto riprodurre gli stemmi più significativi dei paesi di provenienza e di transito dei primi Bellei che, sbarcati a Bomporto, hanno poi raggiunto diversi luoghi della provincia di Modena, integrandosi nelle varie comunità e costituendo anche alcuni nuclei familiari che raggiunsero posizioni gentilizie nella cui araldica sono riportate figure emblematiche. Considerato che gli stemmi della città di Belley e della Valle d'Aosta hanno a simbolo rispettivamente un lupo e un leone rampanti, non può essere attribuito semplicemente al caso se in taluni stemmi familiari figurano gli stessi animali. Sono convinto che possa trattarsi di richiami alla memoria di cose vedute o apprese e tramandate nei tempi. Ciò a conferma delle origini della stirpe dei Bellei.






In conclusione

Come già esposto in questo mio libro, dalle ricerche effettuate e dai documenti consultati ho tratto la convinzione che la stirpe dei Beliei affondi le proprie radici nella cittadina francese di Belley dalla quale, nel 1385, a seguito di una terribile diaspora, un gruppo di "Bellicensi" trovò rifugio in Valle d'Aosta diramandosi, suecessivamente, in molte province d'Italia fra le quali Modena in cui, ora, risiede la stragrande maggioranza ( circa l'82%) dei Bellei medesimi. Atteso che il D.N.A. di ogni individuo conserva taluni caratteri ereditari che vengono trasmessi di generazione in generazione, è possibile che alcune qualità peculiari dei Bellei attuali siano collegabili a quelle del gruppo di francesi provenienti da Belley e giunti in Valle d'Aosta verso la fine del XIV secolo. Di conseguenza fra tutti i Bellei è sempre esistito e forse esiste tuttora un esile filo di parentela genetica.





Ringraziamento

In ordine alla compilazione di questo libro, mi corre l'obbligo di ringraziare sentitamente l'ing. Valter Bellei e il di lui cugino Giorgio per avermi inviato importanti documenti e dato suggerimenti ed informazioni molto utili; il dott. Aldo Borsari direttore dell'Archivio Storico di Modena; il dott. Riccardo Vaccari e il dott. Mario Bertoni dell'Archivio di Stato; il dott. Franco Bellei amministratore delegato della Rolo Banca 1473 S.p.A., la prof.ssa Luisa Resca Barbien; Don Giorgio Bellei già parroco di Montecreto e Acquaria; Don Edoardo Balestrazzi parroco di Bastiglia; Don Gaetano Popoli parroco di Albareto; Mons. Angelo Barbanti parroco di Pavullo; il dott. R. Roncaglia dell'Archivio Storico di Modena; il perito tecnico Fedele Belley sindaco di Aymavilles (AO); la sig.ra Maria Guazzi e la sig.ra Patrizia Zironi dell'Ufficio Cultura di Ravarino; la sig.ra Maria Pia Sabia della Biblioteca di Bomporto; i miei nipoti Gabriele e Federica: il dott. Orlando Artioli, appassionato di storia per avermi prestato la sua intelligente collaborazione e tutti coloro che hanno messo a mia disposizione documenti sui quali si è basata gran parte del mio lavoro.


C.B.



Biografia dell'autore

Camillo Bellei nasce nel 1920 a Modena ove tuttora risiede. Si diploma nel 1939 e nel 1940 viene chiamato sotto le armi. Dopo aver frequentato la scuola Allievi Uffíciali di Avellino, viene assegnato alla Divisione "Parma" dislocata in Albania. Nel 1942 si specializza, presso la scuola di Caserta, nel tiro con il mortaio da 81 mm. All'atto dell'armistizio (8 settembre 1943) si trova in Sardegna dove, subito dopo, entra a far parte del 518° Battaglione speciale (formato da paracadutisti, alpini e un reparto dotato di mortai da 81) con il quale partecipa, a fianco delle Truppe Alleate, alla cacciata dei Tedeschi dall'Italia. Il 15 dicembre del 1945 viene collocato in congedo con il grado di Capitano e l'attribuzione di tre campagne di guerra (1943-44-45). Assunto dall'lNAM (Istituto Nazionale Assicurazione Malattie) sede di Modena nel gennaio 1946 alla fine degli anni'50 concorre in modo notevole alla realizzazione della nuova sede in via S. Giovanni del Cantone (ora U.S.L.) e alla modernizzazione di tutti gli arredi amministrativi e delle attrezzature sanitarie. Rimane all'I.N.A.M. sino al 1971 anno del pensionamento. Dal 1971 al 1976, quale imprenditore in edilizia, concorre in modo decisivo allo sviluppo turistico delle Piane di Mocogno con la costruzione di due "residence". Cessata ogni attività nel 1980, si dedica a ricerche di carattere storico e genealogico. Accertata la propria discendenza da una famiglia originaria di Bastiglia sin dal 1700, nell'intento di scoprire le origini della stirpe dei Bellei, ha trovato documenti e prove che hanno determinato la compilazione del presente libro.